New York La guerra informatica è sempre più una realtà e a dimostrarne la crescente importanza è la sentenza emessa da un tribunale federale della Virginia, che per la prima volta negli Stati Uniti vede la condanna di un uomo con le accuse sia di pirateria informatica che di terrorismo. Lui si chiama Ardit Ferezi, ed è un hacker originario del Kosovo che ha violato la cyber-sicurezza Usa passando i nomi di oltre 1.351 militari e funzionari del governo di Washington all'Isis. Informazioni che i tagliagole del Califfato hanno poi pubblicato nella loro «kill list». Ferezi, 20 anni, è stato arrestato nel 2015 in Malesia, dove studiava informatica, e lo scorso autunno è stato estradato negli Usa, dove lo ha giudicato la Corte federale di Alexandria. I difensori del giovane avevano chiesto una pena massima di sei anni di reclusione, sostenendo che il ragazzo non rappresentava una reale minaccia. «É stata un'azione sbagliata da adolescente, che non sapeva cosa stava facendo» ha affermato l'avvocato Elizabeth Mullin, precisando che il suo assistito soffre di problemi di salute mentale. Durante l'udienza, Ferezi si è detto «molto dispiaciuto per aver spaventato delle persone» e di non essere «mai stato fedele allo Stato Islamico». Per l'accusa, invece, che aveva chiesto 25 anni di carcere, la sua condotta «ha messo a rischio a tempo indeterminato la vita dei militari e dei dipendenti pubblici finiti sulla lista».
Ferezi ha hackerato i server di una compagnia privata, riuscendo a impadronirsi di nomi e altre informazioni personali - tra cui indirizzi, password e numeri telefonici - di 1.351 persone la cui e-mail finiva in «.gov» e «.mil». Quindi, li ha passati a Junaid Hussain, reclutatore ed esperto informatico dello Stato Islamico, ucciso da un drone nell'agosto del 2015, con il quale aveva iniziato a comunicare in rete. Hussain, da parte sua, ha poi pubblicato la lista sui social legati all'Isis insieme a una dichiarazione nella quale affermava: «Siamo nelle vostre e-mail, guardiamo e registriamo ogni vostro movimento, abbiamo i vostri nomi e indirizzi, e trasmetteremo le informazioni ai soldati del Califfato, che presto con il permesso di Allah vi romperanno l'osso del collo in casa vostra».
«É la prima volta che una minaccia reale e molto pericolosa alla cyber-sicurezza nazionale deriva dalla combinazione di hackeraggio e terrorismo - ha spiegato il vice procuratore generale John Carlin, sottolineando che questo caso -è un campanello d'allarme». Il giovane sconterà la sua pena in Kosovo e non potrà più fare ritorno in Usa.
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