Roma - Presidente Paolo Romani, i sondaggi danno il centrodestra unito in testa. Come si fa a capitalizzare questo consenso?
«Negli ultimi mesi il vento è cambiato e il centrodestra è diventato un polo di attrazione. Le domande più frequenti della gente sono: quando votiamo e quando cacciate il governo. Pochi fanno distinzioni, ci vedono come centrodestra in quanto tale, ma è nostro dovere fare in modo che la coalizione abbia un forte baricentro moderato».
Oggi in un fondo Alessandro Sallusti invita ad anteporre il dovere di vincere in Sicilia al rancore verso Alfano.
«Essere inclusivi verso le forze che si riconoscono nel centrodestra è un dovere. Il quadro d'altra parte si sta chiarendo. Chi immaginava di sostituirsi a Berlusconi deve prendere atto che è lui il riferimento dei moderati e liberali».
Ma gli alfaniani sono compatibili con il centrodestra?
«Ci sono posizioni molto diverse, se si guardano le parole di Castiglione, di Lupi o della Lorenzin. C'è chi ritiene che Ap abbia una collocazione naturale nel centrodestra e il governo sia stata solo una parentesi e chi tifa per una alleanza strategica con il Pd».
Allora come si fa a sciogliere questo nodo?
«Non possiamo essere noi a farlo. C'è un banco di prova importante che è quello del 5 novembre in Sicilia. Se Grillo vince con un programma scellerato si rafforza. Se il Pd perde sonoramente rischia la resa dei conti. Di fronte a questo quadro se noi non facessimo tutti gli sforzi per vincere commetteremmo un grande errore».
Non è un po' tardi per l'accordo allargato in Sicilia?
«Siamo in ritardo ma tutto è ancora aperto. Apriamo la discussione sulla coalizione e poi decidiamo insieme chi candidare. Gli irrigidimenti su questo o quel nome non portano da nessuna parte».
Alfano chiede un accordo nazionale in vista delle Politiche.
«Alfano ha due strade: fare un accordo per la Sicilia e dimostrare con i voti di poter essere determinante. Oppure chiedere subito un'intesa che preveda il ritorno nel centrodestra alle Politiche, ma questa soluzione è più complicata. L'obiettivo deve essere la vittoria, ma meglio non abusare degli strumenti della vecchia politica».
Giorgia Meloni sembra chiudere sull'accordo con Alfano.
«La Russa che conosce la Sicilia mi è sembrato più disponibile a ricercare un metodo condiviso».
Lei sta lavorando per allargare il gruppo parlamentare al Senato. Con quale obiettivo?
«Sono convinto che in autunno la Federazione delle Libertà arriverà a contare su più di 70 senatori. Una forza importante in vista della trattativa sulla legge elettorale. Fermo restando che Renzi deve farci capire che intenzioni ha perché votare con due leggi elettorali diametralmente opposte alla Camera e al Senato è semplicemente folle».
Ci sarà un confronto con il Pd?
«Non si sa bene con chi parlare.
Il Pd è diviso, il governo è molto debole e noi siamo spesso obbligati a fare azione di supplenza, come nel dispositivo per la missione delle navi in Libia che abbiamo in larga parte scritto noi, il codice di condotta sulle Ong e sui vaccini».
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