L'assoluzione è sempre una buona notizia? Non per tutti. Sicuramente lo è per la sindaca di Roma Virginia Raggi. Ma non è detto che lo sia per i 5 Stelle. Anzi, l'assoluzione del primo cittadino rischia di essere una condanna per il Movimento. Spieghiamoci. La Raggi è al minimo della popolarità e Roma è una città sempre più disastrata, scivolata in basso in tutte le classifiche: dalla qualità della vita alla sicurezza. Uno scempio sotto gli occhi di tutti e un pessimo biglietto da visita per l'intero Movimento.
Certo, la condanna sarebbe stato un sonoro schiaffo mediatico. Ma i grillini si sarebbero levati il dente in un colpo solo. Ora, davanti a loro, hanno altri due anni e mezzo di disastri preannunciati. Non a caso i vertici del Movimento - quelli che poi hanno immediatamente festeggiato la sentenza di assoluzione - erano stati piuttosto tiepidi con la Raggi nelle ultime settimane. La avevano lentamente marginalizzata, inchiodandola a uno statuto interno diventato, nel suo caso, particolarmente rigido. «Non conosco l'esito del processo ma il nostro codice di comportamento parla chiaro», aveva detto senza indugi Luigi Di Maio, cementificando uno statuto che in molti casi è stato aggiustato ad personam. E a tutti _ compresa la sindaca - era sembrato un chiaro modo per scaricarla e lasciarla sola di fronte alle sue responsabilità. Ora invece le responsabilità dell'operato della sindaca ricadranno sulle spalle di tutto il Movimento. Ed è un grosso guaio.
Una zavorra che spaventa i vertici pentastellati che ora sono condannati a coprire le magagne della Raggi. Ma sono in buona compagnia. Con loro ci sono quasi tre milioni di romani, condannati a tenersi fino alla fine del mandato una sindaca incapace e pasticciona.
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