Poiché tra Natale e Capodanno, tra una fetta di panettone e un brindisi, oltre che ingrassare facciamo un sacco di propositi noiosi (come tutti i propositi), e poiché tra questi propositi c'è quello di perdere qualche chilo, vi voglio raccontare una bellissima storia vera.
Il protagonista di questa storia si chiama Francesco, ha quarant'anni e non ha un lavoro, né una donna, ma in compenso è simpaticissimo. La sua ironia è contagiosa, e nei suoi occhi staziona una dolcezza conquistata a fatica.
Anni fa quest'uomo finì, come tanti, prigioniero di vizi distruttivi. Poi, complice una grave malattia, provò a uscirne ma solo per cambiare vizio, come succede spesso, e la sua droga diventò il cibo.
In un momento in cui i temi legati al cibo sono diventati quasi ossessivi, e dove una schiera di nuovi divi - i cuochi - si è affiancata ai soliti di sempre (attori, cantanti, stilisti ecc.), parlare delle patologie legate al cibo non fa piacere, anche se tutti sappiamo che esistono, e come tutte le dipendenze si legano ad aspetti profondi della nostra personalità.
Il caso di Francesco in questo senso è emblematico. Francesco cominciò a mangiare compulsivamente, disordinatamente, e la conseguenza fu che ingrassò, ingrassò, fino a rendere del tutto inaccettabile la propria immagine allo specchio. Smise di uscire di casa, passando tutto il giorno a mangiare e a guardare la tv. L'angoscia lo divorava, ma più si angosciava e più cadeva in basso.
Poi un giorno suo padre morì, e Francesco si trovò a casa solo con sua madre, e si rese conto, nelle condizioni in cui si trovava, di non poterla aiutare, di non poterle essere vicino se non con un affetto tanto patetico quanto vuoto d'azione. Francesco pesava duecento chili, e quando si pesa duecento chili non solo non si può lavorare, ma non si è (o comunque non ci si sente) utili a nulla.
Qui accadde qualcosa di enorme. Con conseguenze altrettanto enormi. Francesco decise di dimagrire: si affidò alle cure di un ospedale milanese e in poco più di un anno ha perso cento chili. Quando ho saputo questa storia, l'ho cercato per potergli stringere la mano, e vi giuro che per me è stato un grande onore.
Se però le conseguenze sono visibili a tutti, quello che si sottrae ai nostri occhi è il motivo iniziale, la prima spinta, che lo indusse a perdere il primo chilo, il primo etto.
Come si fa a sollevarsi da un abisso così profondo? Dove trova un uomo la forza di risalire?
Nessuno lo sa, perché nessuno sa come funziona la libertà umana. È però probabile che una cosa inaspettata sia accaduta: diciamo un istante, breve come un lampo, nel quale Francesco ha provato un'insolita, inimmaginabile tenerezza per sé stesso. Da un baratro di odio verso di sé, da mesi e anni passati solo a distruggersi, è balenato, chissà da dove, un frammento di pietà, starei per dire di amore.
Prima di fare tanti noiosi propositi, domandiamoci quanti di noi, quest'anno, hanno provato per sé stessi quella stessa tenerezza, anche per un istante. Non parlo dell'amor proprio: un conto è l'orgoglio, l'amor proprio, ma quella pietà improvvisa è un'altra cosa, è come se per un istante potessimo anche noi guardarci come ci guarda Dio.
Solo un amore come questo può spingere un uomo a perdere cento chili - non una decina, come fanno i più volenterosi, ma cento. Perché cento sono un'altra cosa, cento non si perdono solo con un po' di buona volontà. Per perdere cento chili deve essersi accesa una luce da qualche parte.
Tante volte mi alzo la mattina già avvelenato dalle notizie che circolano sui giornali, in tv, su internet, alla radio, dappertutto: siamo un paese, ma che dico, un mondo di ladri e di farabutti, di assassini, di violenti, di corrotti e di corruttori, e sembra che non esista altro.
E invece non è vero: c'è anche chi, senza dare la colpa a nessuno, senza aspettarsi niente da nessuno (tantomeno dalla politica), sta provando a raddrizzare la sua vita, e il successo che sta ottenendo è qualcosa di straordinario, di fronte al quale non c'è vincita alla lotteria che regga il paragone.
Per me il Natale di quest'anno ha la faccia di Francesco: un uomo senza potere, piccolo e in apparenza insignificante, che è anche un eroe.
E l'augurio che lui ci fa è il più bello che si possa immaginare: che si accenda anche per noi tutti quella luce di pietà e di tenerezza per noi stessi, che è la vera forza della vita. Se capiremo questo augurio, l'Italia ce la farà di sicuro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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