Violenza sessuale al Concertone: i molestatori rimpatriati in Tunisia

I giovani erano stati fermati e poi subito scarcerati

Violenza sessuale al Concertone: i molestatori rimpatriati in Tunisia
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È finita come voleva il governo la vicenda dei tre nordafricani che hanno trasformato in un incubo per una ragazza di 25 anni il concerto del Primo Maggio a Roma. Arrestati dalla polizia e quasi subito scarcerati dal giudice di turno, i tre ieri sono stati imbarcati su un aereo e rispediti nel loro paese d'origine, la Tunisia. A disporre la loro espulsione è stato il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, che però ha dovuto chiedere il nulla osta alla magistratura della Capitale. Nulla osta arrivato nella giornata di giovedì. E ieri i tre hanno lasciato per sempre (probabilmente) il territorio italiano.

Non era scontato che finisse così: sia perché il tribunale aveva avuto la mano morbida nei confronti dei tre, convalidandone l'arresto ma mettendoli in libertà provvisoria in attesa del processo; sia perché l'episodio raccontato dalla vittima aveva sollevato inizialmente l'indignazione solo di una parte della politica. Tanto che il ministro della Famiglia, Eugenia Roccella, era dovuta intervenire:«dispiace che, a due giorni dal Primo Maggio, da parte di molte forze politiche non ci sia stata una presa di posizione corale nei confronti delle molestie denunciate da una ragazza durante il Concertone». In realtà, l'indifferenza verso il trattamento ricevuto dalla ragazza era iniziata già in piazza, mentre la giovane vittima urlava e chiedeva aiuto: e da una parte dei giovani spettatori l'unica risposta era stata «non gridare che non ci fai sentire la musica».

Solo nei giorni successivi anche da esponenti dell'opposizione sono venute prese di posizione severe sull'aggressione al Concertone. E Raffaella Paita di Italia Viva è stata tra i primi a criticare la decisione dei giudici romani di rimettere in circolazione i tre aggressori: «Se chi molesta esce indisturbato e chi denuncia resta sola, allora qualcosa non funziona. Non c'è libertà senza sicurezza, non c'è integrazione senza rispetto».

Il brutto episodio di piazza San Giovanni non è stato il primo di questo genere: la memoria è corsa subito alle violenze sessuali messe in atto in piazza del Duomo a Milano il Capodanno del 2022, e ripetute anche quest'anno nella stessa piazza. Una sorta di rituale, che in arabo ha anche un nome: taharrush gamera, un branco di maschi contro una donna sola. Ed è esattamente quanto accaduto il Primo Maggio a Roma. «Mi hanno palpeggiata ovunque, trasformando quella che doveva essere una giornata di festa e di svago in un vero e proprio incubo», ha raccontato la vittima al Messaggero, «mi toccavano ovunque mentre io ero pietrificata, non riuscivo a dire e fare nulla, se non fosse intervenuta la mia amica non so come sarebbe andata a finire».

I tre tunisini a quel punto si erano allontanati, ma sono stati rintracciati dalla polizia, richiamata dalle invocazioni d'aiuto della ragazza, e bloccati. La mattina dopo sono stati portati in aula per il giudizio direttissimo, la Procura ha chiesto che venissero chiusi in carcere ma il giudice li aveva liberati con il solo obbligo di firma.

A questo punto però è intervenuto il ministro Piantedosi disponendo che i tre venissero invece rinchiusi in un Cpr, annunciando la revoca del loro permesso di soggiorno per motivi di studio (due di loro risultano iscritti al Dams di Bologna) e l'avvio delle procedure di espulsione: concluse ieri pomeriggio con il volo di sola andata per Tunisi.

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