Coronavirus

"Il virus come un film: il cattivo sta morendo. Ma il finale è aperto"

L'anestesista: "Casi in calo grazie alla natura. Al comando servivano persone preparate"

"Il virus come un film: il cattivo sta morendo. Ma il finale è aperto"

Un mese fa piangevamo 300 morti al giorno e ci preoccupavamo per i 2mila contagi in meno di 24 ore, ancora troppi per pensare a una vera fine del lockdown. Oggi sembra tutto passato. E ci si leva la mascherina anche in mezzo alla folla in strada, con una disinvoltura eccessiva. Cosa succede? Abbiamo esagerato prima o stiamo sottovalutando il pericolo ora? Per chiarirci le idee abbiamo parlato con Luciano Gattinoni, professore emerito dell'università di Göttingen, in Germania, e dell'Università Statale di Milano, uno dei più grandi esperti in anestesia e rianimazione.

I numeri dei contagi sono precipitati e la malattia sembra sparita nel nulla. Come è possibile?

«Il Covid sta passando da solo, sta facendo tutto la natura. Come è avvenuto per la Spagnola e per la Sars. E anche i pazienti sono guariti da soli».

Intende dire che i farmaci e la corsa alle terapie intensive non sono stati la chiave per arrivare al lieto fine?

«Esatto. Abbiamo iniziato a gestire meglio l'infezione quando abbiamo cominciato a fare meno cose. E anche nei mesi dell'emergenza, non abbiamo fatto altro che tamponare i sintomi».

Ma rianimare i pazienti è stato fondamentale.

«Ma è stato solo un aiuto. Sarebbero guariti da soli. Infatti molti sono morti nonostante la terapia intensiva. Con i respiratori abbiamo solo corretto un sintomo che, per carità, da solo sarebbe bastato a portare alla morte, cioè l'insufficienza respiratoria. Ma i pazienti guariti sono quelli che da soli hanno sviluppato gli anticorpi».

Quindi il virus ha fatto tutto da sé, noi siamo in alto mare con la cura.

«Non abbiamo cura. Per alcuni virus vale la terapia eziologica che li tiene sotto controllo. Penso all'Hiv. Per altri virus ci sono farmaci come il cortisone o l'idroclorichina che interferiscono con il processo patogeno, mettendo il bastone tra le ruote. Per il Covid non abbiamo nulla di tutto ciò, solo farmaci che curano i sintomi».

Eppure il virus è (clinicamente) sparito, sostiene uno studio del San Raffaele in via di pubblicazione.

«A confermarlo sono anche gli accessi, quasi nulli, al pronto soccorso. Questa storia si conclude con il finale aperto, come i film migliori. Anche gli studi per capire l'interazione tra virus e ospite resteranno in sospeso, come in attesa di un sequel».

Perché gli studi non verranno conclusi?

«Perché non ci sono più pazienti da studiare. Se mi serve un panel di 300 persone ma ne ho solo 50, allora va tutto a monte».

E noi restiamo spettatori attoniti, che non capiscono bene chi è l'assassino.

«Accontentiamoci dei fatti, anche se non abbiamo una spiegazione. I casi sono diminuiti moltissimo. L'ipotesi è che, oltre alle mascherine, anche la temperatura abbia aiutato a spezzare la catena dei contagi. Per il semplice fatto che un microrganismo su una superficie sopravvive meno sotto il sole rispetto all'inverno».

Restando in metafora, dobbiamo aspettarci la seconda stagione della serie?

«Lo vedremo. Ci saranno altri morti, ma non avremo più le emergenze dei mesi scorsi. Ora è il momento di cominciare gli studi comparativi: ogni Paese ha usato la sua tecnica per gestire l'ondata di malati. Dobbiamo capire quale è stata la soluzione migliore».

Capiremo anche se è stato giusto o sbagliato puntare tutto sulle terapie intensive, cioè affrontando a valle la malattia?

«Ecco, noi abbiamo affrontato tutto a valle. Quando invece i problemi vanno affrontati a monte, molto molto a monte».

Cioè?

«Dovevamo puntare tutto sulla scuola. Molto tempo prima. A gestire questa emergenza sono state persone troppo ignoranti.

Per fare un paragone, la Merkel ha vinto le Olimpiadi di matematica ed è laureata in Fisica nucleare».

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