"Virus nato dal disordine Tornare a casa e famiglia sarà la nostra salvezza"

Il sociologo: «La globalizzazione ci ha illuso di poter fare tutto. Nulla sarà più come prima»

"Virus nato dal disordine Tornare a casa e famiglia sarà la nostra salvezza"

«In un sistema disordinato, il disordine continua ad aumentare, fino a che il sistema esplode». Francesco Alberoni, sociologo dell'amore, non ha buoni sentimenti da offrire al nostro mondo sconvolto dal Coronavirus.

Professore, il nostro era un sistema disordinato?

«Negli ultimi trent'anni c'è stato un processo di mondializzazione, per il quale siamo stati presi dall'euforia di essere liberi di poter fare qualsiasi cosa. E non ci siamo accorti di alcuni squilibri, come il superpotere dei monopoli della comunicazione sulle nostre vite».

In che cosa ci siamo sentiti liberi?

«Di fare qualunque cosa, senza freni né limiti, sia nelle relazioni con le altre persone, come il sesso, sia con noi stessi; come se il passato non esistesse e nulla contasse. È caduto il sistema sociale tradizionale. Non abbiamo percepito tutto questo come disordine, bensì come libertà».

Che conseguenze ha il disordine?

«Incrina la solidità dei rapporti sociali. E, a un certo punto, nel disordine succede sempre una catastrofe: sia essa una rivoluzione, come la Rivoluzione francese, una guerra, come la Prima guerra mondiale, o una epidemia, come quella attuale».

Che cosa fa la catastrofe alla società?

«La prende e la colpisce nella sua fase di massima irresponsabilità e superficialità. È inattesa e, quindi, la società si trova impreparata. Come avvenne con la Prima guerra mondiale, seguita dalla Spagnola: ci furono milioni di morti, l'Europa ne uscì completamente stravolta».

Però si può reagire.

«Noi, società occidentale, ce la stiamo cavando perché imitiamo i cinesi, copiamo le disposizioni di un regime totalitario. Il governo procede per decreti e ha nominato un commissario. Del resto l'Italia e l'Europa hanno impiegato due mesi per rispondere all'emergenza... possibile?»

E la popolazione?

«La cosa curiosa è che la gente pensava a tutto, tranne che potessimo avere delle regole, che potessimo essere disciplinati. Il Paese sta diventando una caserma, ma prima era un casino».

Come ci cambia tutto questo?

«Innanzitutto crolla l'unità dell'azienda. Questi grattacieli nuovi, pieni di uffici, sono tutti vuoti. La gente torna a casa. Quanto alla libertà sessuale, così diffusa, ora un rapporto è pericoloso, si rischia il contagio: quindi, anziché cambiare l'amante ogni settimana, la gente si allontana, ha paura».

Che cosa resta?

«La famiglia. Certe amicizie, anche di crescita intellettuale. Penso che la casa tornerà importante: basta pendolari, basta grattacieli affollati, le persone si occuperanno delle case, case belle, con il prato, l'orto, i bambini, il telelavoro. È un mutamento di mentalità».

E l'amore?

«Si torna ai legami forti: quando di mezzo c'è la vita, più che il sesso sia bello conta se una persona mi ama oppure no, conta se mi posso fidare».

La paura che ruolo ha?

«La paura è tutto. E, in una società spaventata, prevale l'autorità, che dà ordini».

Torneremo alla normalità?

«Certo. Ma i tempi saranno lunghi. E non torneremo mai con le relazioni sociali di prima, mai più. Queste cose lasciano un segno».

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