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Visco alza il ditino: "Il fisco è in crisi". Ma fu lui a sommergerci di imposte

L'ex ministro aumentò i prelievi e rese più complicate le aliquote

Visco alza il ditino: "Il fisco è in crisi". Ma fu lui a sommergerci di imposte

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Visco alza il ditino: "Il fisco è in crisi". Ma fu lui a sommergerci di imposte

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«Il sistema fiscale italiano versa in una crisi gravissima che ne mina il corretto funzionamento e la stessa legittimazione». Firmato, Vincenzo Visco. È un'omonimia? Sarebbe come se Dracula facesse appello per donare il sangue. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Fu Visco ad aumentare a cinque le aliquote Irpef (23%, 27%, 38%, 41% e 43%) dalle precedenti quattro (23%, 33%, 39% e 43%) e a innescare la gobba che penalizza i redditi tra i 20-25mila euro e i 50mila euro. È lui l'ex ministro dell'Economia che ha potenziato (inutilmente) i controlli, strangolando le aziende con le cartelle di Equitalia, perseguitando chi non riusciva a pagare le imposte per necessità - come confermano numerose sentenze della magistratura - e che sul Domani si mette a fare la lezioncina all'esecutivo, mescolando problemi e ricette già note eppure inconciliabili: «Massiccia evasione fiscale»; «trattamenti agevolati che creano distorsioni»; «frammentazione del sistema di imposizione» per cui «a parità di reddito, i contribuenti subiscono prelievi molto diversi», «eccesso del prelievo fiscale e contributivo sul lavoro». Tutte cose che i contribuenti conoscono benissimo. Fino al tragicomico e lapidario problema: «La struttura delle aliquote effettive dell'Irpef» ha «effetti negativi sulla trasparenza delle imposte» e «riserva sempre più la progressività del prelievo ai soli redditi di lavoro dipendente e pensione». Ma dai? Chi scrive l'appello ritiene che la legge delega proposta dal viceministro con delega alle Finanze Maurizio Leo «non affronta, anzi trascura» questi problemi. È chiaramente vero il contrario, ma tant'è. I firmatari dell'appello sanno però che una delle cause di queste storture è proprio la tragicomica gestione dell'allora ministro Visco? Fu sotto il suo mandato che scoppiò il cancro delle «cartelle pazze» nel 1998: 1,213 milioni di ruoli sbagliati che lo obbligarono a una «indilazionabile trasformazione dell'amministrazione finanziaria». Fu lui nel 2007 a ribattezzare la Riscossione in Equitalia, con la scusa di semplificare un sistema di riscossione frammentato e poco efficiente, fu lui ad alzare l'asticella sugli obiettivi di riscossione, raddoppiati in un anno a 2,4 miliardi, con spietati meccanismi di aggio e aumenti automatici che hanno gonfiato a dismisura le cartelle «con interessi che in pratica sono usurai», commentò allora Guido Crosetto alla Zanzara. Ad oggi ci sono 19 milioni di cartelle per 1.132 miliardi di euro, di cui forse l'8-9% è realmente esigibile, tanto che delle altre Leo vuole farne carta straccia. Certo, Visco è in ottima compagnia. Fu Mario Monti (nel governo in cui c'era un altro firmatario, Vieri Ceriani) a dare la mazzata definitiva agli imprenditori in bolletta. Tanto, pagavano gli italiani.

Non ditelo al Domani.

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