Vite, alberi e canti ebraici: se l'odio è accettato

I palestinesi, non solo Hamas, vogliono distruggere Israele, non è diritto all'informazione quello che ignora la verità, è un gorgoglio antisemita che cancella l' ambizione ad essere parte della storia dei diritti umani

Vite, alberi e canti ebraici: se l'odio è accettato
00:00 00:00

C'è qualcosa di patetico nell'antisemitismo contemporaneo, quello che porta folle in piazza per la festa dei lavoratori a travestire Hava Nagila da inno pro palestinese, quello che induce i militanti della sacrosanta guerra per salvare dallo scempio la natura a ignorare la devastazione doppia, fisica e morale, che porta su questa terra la distruzione delle foreste di Gerusalemme. E anche in quello che indica come libertà di opinione, di stampa, di ricerca, un programma come quello di Rai Tre «Presa diretta», la cui star è stata, senza contraddittorio, un personaggio come Francesca Albanese. Il suo odio per Israele è un'etichetta del fallimento dell'Onu nella sua missione di pace.

Il rapimento della canzone «Hava Nagila» è un paradigma del senso di inferiorità dello schieramento propal. Violenta una canzone che è storicamente l'inno sionista al ritorno in Israele, il cui testo invita gli ebrei alla gioia dopo tanto soffrire, che è stata usata milioni di volte per festeggiare la vittoria del ritorno a casa nella guerra, nella fame, nell'eroismo, e la fa diventare palestinese: «Free palestine», fanno urlare su quelle note a una folla così arruolata nelle file dell'ignoranza, delle cifre inventate da Hamas, nel messaggio di odio contro Israele: i palestinesi diventano così gli ebrei, gli oppressi, mentre gli ebrei sono gli oppressori. Il rovesciamento arriva fino alla più paradossale fra le accuse, quella a Israele di essere nazista, ovvero genocida, e fa dei palestinesi, che dal 1948 perseguitano Israele col terrorismo, i perseguitati. La musica va, la folla si eccita, odia Israele e gli ebrei, e l'antisemitismo viene distribuito a pioggia sulle piazze che furono dominate dalle leggi razziali al tempo del fascismo.

È diverso da allora, per fortuna: l'esistenza dello Stato del popolo ebraico, lo stato d'Israele, che insieme alla democrazia e all'esercito ha cresciuto anche le più belle foreste che mai il Medio Oriente abbia visto, le più folte e verdeggianti, un regalo al clima mondiale cui oggi le masse si appassionano, per cui protestano e esclamano: sempre, fuorché quando gli alberi sono quelli dello Stato ebraico. Sorpresa: potremmo dire che gli «alberi ebrei» non contano per gli ecologisti, proprio come gli ebrei quando subiscono attacchi terroristi e missili sulle loro città ogni giorno. Israele ha cresciuto sul suo suolo dal 1900 250 milioni di alberi: è l'unico Paese al mondo ad aver concluso il ventesimo secolo con più alberi rispetto all'inizio del secolo. Nel 1948 circa il 2% del territorio era coperto di alberi, oggi questa percentuale è giunta all'8,5. Nelle case di tutti gli ebrei del mondo si raccolgono fondi da consegnare al Fondo nazionale ebraico, al «Kerem Kaiemet». Piantare un albero è una buona azione che anche le Scritture insegnano. Adesso, in due giorni di fiamme sulla cui origine si affollano sospetti, sono stati spazzati via quasi 2mila ettari di terreno, carbonizzati con i suoi ulivi centenari, i pini, le vigne. Zone storiche come Latrun, lungo la strada fra Tel Aviv e Gerusalemme, in cui gli ulivi hanno visto battaglie decisive quando gli ebrei, appena scampati dalla Shoah hanno dovuto difendersi degli eserciti arabi che assaltarono lo Stato ebraico appena nato, hanno subito il rogo devastante degli alberi. Erano stati curati proprio per battere i rischi della siccità e della desertificazione sempre dietro l'angolo.

Nel 2000 uno spaventoso rogo ridusse il Carmelo in cenere e uccise 44 persone, durante la seconda guerra del Libano i missili degli Hezbollah hanno bruciato circa quattromila ettari nella disperazione dei coltivatori diretti. La tradizione di amore per la terra nasce col sionismo stesso. Ma che ne sanno le folle cui si insegna a odiare Israele. Il programma Tv cui accennavo, oblitera che Israele combatta una guerra di difesa contro un nemico di crudeltà mai vista, la sua determinazione a fare a pezzi gli ebrei uno a uno, compreso i neonati, ignora i 58 rapiti di cui forse 24 sono ancora vivi in chissà in quali condizioni. Questo si diffonde alla tv: dati sui morti distribuiti dal «ministero della sanità» di Hamas, ormai confutati da varie ricerche; si affonda nel tempo inventando un avvento colonialista di un popolo tornato senza armi, solo per lavorare e convivere, e che ha trovato sin dal 1948, solo rifiuti che ci si ostina a non vedere.

I palestinesi, non solo Hamas, vogliono distruggere Israele, non è diritto all'informazione quello che ignora la verità, è un gorgoglio antisemita che cancella l' ambizione ad essere parte della storia dei diritti umani: per questa storia, Hava Nagila non dovrebbe essere violentata, l'amore per la natura dovrebbe

ricordare l'amore di Israele per gli alberi e correre in aiuto, il diritto alla verità dovrebbe bandire la menzogna senza contraddittorio siamo lontano da tutto ciò, vicino invece all'odio più antico, quello per gli ebrei.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica