«Voglio morire per Allah» E un migrante accoltella un poliziotto a Milano

Tragedia sfiorata alla Centrale: il mancato killer guineano 28enne con un ordine di espulsione

Trame molto simili, tutt'altro che rassicuranti. Vicende scivolose, confuse ma non troppo tra lo smarrimento psichiatrico e un latente estremismo islamico, sempre più difficili da controllare. Stavolta il «fortunato», l'uomo che ha rischiato davvero grosso, si chiama Luca Barillari, ha 34 anni ed è un agente scelto della polizia di Stato in servizio alle «Volanti», Ufficio prevenzione generale (Upg) della questura di Milano, esperto di arti marziali. Uomo fortunato, niente da dire. Appena sfiorato dalla tragedia con un graffio alla spalla sinistra e 5 giorni di prognosi per un epilogo senza strascichi oggettivi. Stavolta.

Ieri alle 12.40, alla guida della «volante» Vitruvio, Barillari è schizzato con i colleghi in stazione Centrale, Galleria delle Carrozze. L'ennesimo extracomunitario clandestino con precedenti per lesioni, minacce e resistenza pubblico ufficiale. Un «identikit» trito e ritrito, che si attaglia alla perfezione ormai alla maggioranza di stranieri, con borsoni al seguito, che vagano intorno allo scalo ferroviario. L'ennesima mina vagante che ha violato le regole dell'immigrazione - la questura di Sondrio lo scorso 4 luglio ha emesso contro di lui un ordine di espulsione - e in Italia da almeno due anni, si chiama Saidou Mamoud Diallo, 28 anni, quattro alias all'attivo, originario della Guinea. L'ennesimo esaltato. Che avrà pure problemi psichiatrici, ma una volta viste le manette non ha esitato a gridare «Voglio morire per Allah», non esattamente una frase qualunque ad alto tasso d'effetto.

Ora il guineano è accusato di tentato omicidio. Ha dato in escandescenze, peraltro con un coltello in mano. L'agente, che lo ha raggiunto da dietro, vista la lama tra le dita dell'esagitato, lo ha agguantato alla cintola per bloccarlo. Frazioni di secondo. L'immigrato si è voltato di scatto verso l'agente e gli ha sferrato un fendente alla spalla sinistra, colpendo un punto non imbottito del giubbotto anti proiettile, la spallina. Ferita di striscio come dicevamo. E lieto fine. Per ora.

Cos'era accaduto prima dell'arrivo di Barillari? A segnalare l'uomo armato che si aggirava nei pressi della stazione, in piazza Luigi di Savoia, è stato un addetto delle navette per gli aeroporti. Aveva visto il giovane di colore aggirarsi urlando e gli ha chiesto se avesse bisogno di qualcosa. Lo straniero allora ha tirato fuori un coltello di una decina di centimetri e l'ha minacciato.

Gli addetti della navette si sono dovuti barricare nell'autobus nel timore di un'ulteriore reazione dell'immigrato. Che, alterato, continuava ad agitare il coltello. Qualcuno ha chiamato la polizia, e intanto l'addetto ha continuato a seguire l'aggressore con lo sguardo per un centinaio di metri, tanto che è stato in grado di segnalare agli agenti in che direzione fosse andato. Quindi l'arrivo di Barillari.

«Saltano tutte le regole del convivere civile. La stazione Centrale è una polveriera, corso Como un luogo di spaccio e risse.

La gente deve sapere che in una città come Milano attualmente ci sono 21 volanti ferme in garage per problemi strutturali. Inammissibile». A parlare non è un tipo qualunque. Cinquantuno anni, da 32 in polizia di cui 25 passati in strada, Massimiliano Pirola è segretario provinciale del Sap, secondo sindacato di polizia italiano.

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