Politica

"Voto ai bimbi". Ultima deriva giovanilistica

"Voto ai bimbi". Ultima deriva giovanilistica

In una società che non si rassegna a invecchiare, intrisa di giovanilismo esasperato, non basta più dare il potere ai ragazzini. Anzi, è il momento di fare scendere in campo i bimbi delle scuole primarie per ridisegnare i parlamenti e la politica dei prossimi decenni. Dall'eutanasia alla droga libera, passando per l'utero in affitto, la cultura iperlaicista basa la sua forza d'urto sui continui tabù da abbattere, dipinti come retaggi del passato che rendono schiava una società più avanzata rispetto alla percezione della stragrande maggioranza.

L'ultima frontiera per scardinare regole e consuetudini secolari arriva ad abbattersi sull'elettorato attivo, di norma attribuito ai maggiorenni. Ma non basta. Dal quotidiano britannico The Guardian irrompe il saggio Give Children The Vote, in cui l'autore John Wall contempla l'estensione del suffragio universale a partire dai sei anni. Lo analizza il politologo David Walter Runciman, docente all'università di Oxford e quarto visconte della casa di Doxford. Se il suffragio universale non fa distinzione sulle competenze e la preparazione dell'elettore, si può provocatoriamente estenderlo anche ai bambini. Più insidiosa la motivazione di partenza che indica nella popolazione anziana la fascia più numerosa e ricca, quindi capace di perpetuare il potere a danno delle giovani generazioni. Ormai è una moda additare gli anziani che si sono costruiti una posizione economica e sociale come vecchi rapaci che devono restituire subito alle nuove leve quanto costruito in una vita.

È la riproposizione sotto altre chiavi dell'«effetto Greta», la moda mediatica di attribuire agli adolescenti una leadership preventiva, basata sul candido idealismo che va a superare la logica rendita di posizione di chi lavora, produce e detiene il potere per la normale evoluzione della vita. Ma questo è colpa soprattutto di quegli adulti incapaci di contrapporre un ragionamento di buon senso alle accuse demagogiche di rubare il futuro ai più piccoli a colpi di «bla bla bla».

Fa paura immaginare un'ondata mondiale di mini elettori, già protagonisti alle scadenze elettorali dopo avere compiuto i sei anni. Per gli studiosi potrebbero già sviluppare precoci cognizioni politiche e sociali, sapendo che alla prima occasione saranno chiamati alle urne, ovviamente portati per meno dai genitori e dai nonni con cui verrebbero messi subdolamente in competizione. Gli scolari al voto stravolgerebbero il quadro politico? E se venisse fondato un partito ad hoc che fonda il programma sullo sviluppo di videogame, cartoons, serie tv e gadget? Secondo il professor Runciman non dovrebbero tanto alterare gli equilibri, però condizionare il dibattito con priorità innovative.

Invece di domandare ai piccoli che cosa desiderano per Natale, i grandi chiederanno loro un suggerimento per votare. Ci mancano solo i figli che votano per la sinistra in una famiglia moderata, e viceversa, a minare una pace sociale già precaria.

Scenari che ora appaiono utopistici, ma che intanto mettono in discussione il primato naturale della classe adulta.

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