Politica

Voto di scambio: bufera sul Pd in Sicilia

Consigliere comunale finisce in manette

Voto di scambio: bufera sul Pd in Sicilia

Voto di scambio e corruzione elettorale. Tutto in un biennio (2012-2013). L'inchiesta «Matassa», che ha portato all'arresto a Messina di 35 persone, tra cui un consigliere comunale, decapitando i clan cittadini e facendo luce su prassi di condizionamento del voto, ha accertato, secondo gli inquirenti, «l'esistenza di un'associazione per delinquere finalizzata al voto di scambio e alla corruzione elettorale, operante nell'arco temporale in cui si sono svolte in città le consultazioni elettorali regionali, politiche e comunali che vanno dall'ottobre 2012 al giugno 2013». L'ultima delle quali, quella per il rinnovo del consiglio comunale e per la scelta del sindaco, ha rappresentato un vero coup de theatre, visto che a uscire vincente dalle urne è stato sì il Pd e il centrosinistra, ma non il suo sindaco. Renato Accorinti, infatti (alla testa di una lista civica) ha soffiato la poltrona a Felice Calabrò, che ha sfiorato il successo al primo turno con il 49,9% dei voti. «Messina è ancora un verminaio» si sfoga Accorinti parlando coi giornalisti e assicurando che se la sua giunta «è isolata dalla politica, ma non dai messinesi».

L'organizzazione, secondo quanto ricostruito dai magistrati, raccoglieva un cospicuo numero di voti, avvalendosi di un gruppo di persone gravitanti negli ambienti della criminalità organizzata che promettendo denaro, aiuto nel disbrigo di pratiche amministrative, posti di lavoro e persino appalti agiva come «struttura di aggressiva propaganda elettorale». In particolare, alcuni degli arrestati, spiegano gli inquirenti, «mediante un diffuso e capillare sistema clientelare» ostacolavano «il libero esercizio del diritto degli elettori», «procurando voti a Franco Rinaldi», presidente del collegio dei deputati questori all'Ars, eletto nelle file del Pd ma poi confluito in Forza Italia, «e a Francantonio Genovese», parlamentare nazionale, ex leader democratico siciliano, poi passato tra gli azzurri, sotto processo per i «corsi d'oro» della formazione professionale. I due non sono indagati e, sentiti dagli investigatori, hanno detto che non erano consapevoli della provenienza dei consensi.

È finito in carcere, invece, Paolo David, consigliere comunale, fedelissimo dei due deputati di cui ha seguito l'itinerario politico. David è indicato nell'inchiesta come il «promotore e organizzatore». Altri arrestati avevano il compito di procacciare i voti e di fungere da collegamento tra i soggetti politici e gli ambienti della criminalità organizzata legati ai clan Ventura e Spartà.

Giuseppe Picarella, titolare e gestore di strutture sanitarie, garantiva assunzioni ai soggetti che promettevano il loro sostegno elettorale ai candidati.

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