Westminster riapre. Battaglia sulle elezioni tra Johnson e Corbyn

Sfida del premier: «Se hai coraggio, chiedi la sfiducia». Il laburista: prima ottieni il rinvio

Westminster riapre. Battaglia sulle elezioni tra Johnson e Corbyn

Londra Tutti di nuovo in aula, come se nulla fosse successo. Torna immediatamente al lavoro il Parlamento britannico dopo la sentenza dell'Alta Corte che ne ha decretato illegittima la sospensione di 5 settimane decisa da Boris Johnson. Una seduta fiume quella di ieri che ha impegnato l'esecutivo su vari fronti, in cui non sono mancati momenti di forte tensione. Durissima la difesa del Procuratore Generale Geoffrey Cox che ha confermato la buona fede del governo nel prendere la decisione di prorogare il Parlamento e ha lanciato un attacco senza precedenti verso quei deputati «troppo codardi per indire nuove elezioni», come Boris Johnson aveva proposto per due volte e come ha ribadito ieri. «Questo Parlamento è morto ha dichiarato Cox non dovrebbe più riunirsi, non ha il diritto morale di sedere su questi scranni. Questa è una disgrazia. Potrebbero sfiduciare il governo in ogni momento, ma sono troppo codardi per farlo». Johnson è tornato all'attacco subito dopo, sfidando l'opposizione a lanciare una mozione di sfiducia contro l'esecutivo entro oggi. Ma le condizioni di Jeremy Corbyn sono chiare: «Se vuole elezioni, ottenga una proroga e le avremo», ha detto il leader del Labour, invitando il premier a chiedere scusa alla Regina e al Paese.

Lunghissimo e animato il dibattito sull'operazione Yellowhammer, il rapporto che illustra le conseguenze di un'uscita dall'Europa senza accordo. Il ministro Gove ha dovuto rispondere a un fuoco di fila di domande, evitate fino a questo momento grazie alla sospensione dei lavori parlamentari. Ancora una volta Gove ha sottolineato che si tratta della fotografia dello scenario peggiore, non necessariamente di quello che accadrà in futuro. Molti aspetti però sono rimasti oscuri come quelli relativi ai controlli sul confine irlandese e allo stato della sicurezza nazionale una volta che lo scambio di dati previsti con Schengen non potrà più aver luogo. «Questo sistema non è l'unico disponibile in grado di rafforzare la sicurezza nazionale» ha risposto Gove. In mezzo a tanto parlare di Brexit no deal, si tende però a dimenticare che lo scorso mese è passata una legge che costringe il primo ministro a chiedere all'Europa una proroga sulla data prevista per l'uscita, se entro il 19 ottobre non si sarà trovato un nuovo accordo. Lo ricorda il deputato conservatore Tobias Ellwood suggerendo di chiudere i parlamentari all'interno della Camera fino a che non verrà votata una mozione che garantisce un'uscita con accordo. «Lo speaker si è reso disponibile a fornire cibo e sacchi a pelo per l'occasione» ha scritto Elliott e non è chiaro se stesse scherzando. Non scherza certamente il primo ministro Boris Johnson, tornato in anticipo da New York. «Rispetto la decisione della Corte, ma credo che sia sbagliata ha dichiarato un Johnson estremamente combattivo, per nulla disposto a dimettersi come chiede l'opposizione ma la gente è perfettamente consapevole di quello che sta accadendo qui dentro. Questo Parlamento non vuole affatto la Brexit. Vuole continuare a ritardare e a sabotare le trattative. Questo Parlamento non vuole onorare il risultato del referendum». «Questo primo ministro ha tentato di zittire la democrazia e di nascondere i pericoli di una Brexit senza accordo.

Rifiutandosi di rendere pubblico il rapporto Yellowhammer ha nascosto la verità all'opinione pubblica ha replicato Corbyn non è adatto a ricoprire il ruolo attuale. Dopo la sentenza dell'Alta Corte, il premier avrebbe dovuto dimettersi e invece è qui, in Parlamento senza l'ombra di rimorso o umiltà». Ma il dubbio è sempre lo stesso: il no deal è ancora un'ipotesi?

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