WhatsApp e la fuga dei fondatori anti-Zuckerberg

Lasciano l'azienda in polemica con la violazione della privacy. E il re di Facebook è più solo

WhatsApp e la fuga dei fondatori anti-Zuckerberg

Hanno ucciso gli sms. Ora vogliono affondare il metodo Zuckerberg. I fondatori di WhatsApp, l'applicazione che quest'anno ha sfondato quota 1 miliardo e 500 milioni di utenti e che da quando è nata meno di dieci anni fa - era il 2009 - ha annientato il mercato dei messaggi tradizionali tramite operatore telefonico, adesso voltano entrambi le spalle a Facebook. Dopo l'addio di Brian Acton, il papà di WhatsApp che il 20 marzo ha lasciato l'azienda lanciando su Twitter la campagna #DeleteFacebook (#CancellaFacebook), ora anche l'altro fondatore, Jan Koum, annuncia la sua uscita di scena. Ed è una perdita pesante perché Koum sedeva anche nel consiglio di amministrazione di Facebook dopo aver venduto la sua creatura proprio a Zuckerberg nel 2014, per una cifra totale di 19 miliardi di dollari, 3 dei quali in azioni Facebook destinate proprio a sé stesso e al collega Acton. Un addio che non passa inosservato e che si aggiunge a quello di altri nomi illustri del tech in aperta polemica con Mark Zuckerberg dopo la violazione di almeno 87 milioni di profili dei propri utenti Facebook. Sull'onda dello scandalo Cambridge Analytica (la società che meno di 24 ore fa ha chiuso battenti a causa del terremoto scatenato dall'uso per fini politici dei dati dei clienti Facebook) anche Steve Wozniak, cofondatore di Apple con Steve Jobs, un mese fa ha annunciato di voler lasciare il social network. «Gli utenti concedono ogni dettaglio della loro vita a Facebook e Facebook ci fa un sacco di soldi» ha spiegato l'ex braccio destro di Jobs.

Il re Zuckerberg forse non è ancora nudo (anche perché, nonostante il datagate, il fatturato di Facebook ha registrato +49% nell'ultima trimestrale, con utili a quota +63%) ma Mister Facebook è di certo più solo che mai. Di mezzo c'è una merce preziosa, la privacy, la cui difesa potrebbe diventare la nuova frontiera del tech che rifiuta il metodo Zuckerberg. Mentre nei momenti di crisi, i big dell'industria si sono generalmente uniti per difendere il proprio orto, stavolta molti volti noti hanno decido di non allinearsi. «Ci sono utenti a caccia di personalità come Tim Cook (amministratore delegato di Apple) oppure Elon Musk (fondatore di Tesla e SpaceX) che vogliono essere rassicurati sul fatto che non verrà adottata la politica di Facebook», spiega Gennie Gebhart, ricercatore della Electronic Frontier Foundation che si batte per la privacy digitale. La riservatezza è insomma la nuova frontiera del tech anti-Facebook. Ed è anche la ragione per cui i fondatori di WhatsApp hanno lanciato la propria battaglia. Il divorzio ha vissuto le prime scaramucce già lo scorso anno, quando Facebook ha cambiato i termini di servizio di WhatsApp per ottenere accesso più ampio ai numeri di telefono degli utenti. Lo ha fatto per suggerire nuovi «amici» sul social network proprio in base ai contatti WhatsApp, dopo aver accelerato anche sul fronte dei profili unificati tra i suoi prodotti, sempre con l'obiettivo di strappare un maggior numero di dati e poter distribuire pubblicità sempre più mirate. Una linea opposta a quella di Koum e Acton, che al momento della cessione di WhatsApp si erano impegnati a preservare la privacy dei propri clienti.

La forza dell'app di messaggi finora è stata infatti la crittografia end-to-end, una tecnica di sicurezza informatica che permette solo a mittente e destinatario di leggere il contenuto dei messaggi mentre eventuali hacker che tentano di inserirsi nella trasmissione della comunicazione finiscono per trovarsi di fronte solo una lunga stringa di caratteri incomprensibili e indecifrabili. Ora Mister Facebook ha cambiato rotta ma rischia di ritrovarsi sempre meno «amici» dalla sua parte.

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