Oggi Geert Wilders doveva essere a Volendam, storico centro di pescatori a una trentina di chilometri da Amsterdam; una delle sue roccaforti, non tanto in sostegno della campagna anti-islamica, quanto in risposta alle politiche europee che hanno ridotto in una decina d'anni i pescherecci da 103 a 5. L'altro giorno era bastato un tweet di Wilders, dove annunciava l'uscita, per fare il tutto esaurito di giornalisti negli hotel di Volendam, perché l'uomo su cui sono puntati gli occhi del mondo - nel Paese dove anche il premier gira in bici - vive nascosto e protetto come Tommaso Buscetta ai tempi del maxiprocesso: è in cima alla lista del terrorismo jihadista e fa di tutto per rimanerci, paragonando il Corano al Mein Kampf, definendo il Profeta «un pedofilo» e, solo due giorni fa, accusando i marocchini, responsabili dell'80 per cento dei crimini commessi in Olanda nell'ultimo anno, di essere «feccia da cacciare».
Wilders ha dovuto invece annullare il comizio e tutte le attività pubbliche prima del voto del 15 marzo perché i servizi hanno scoperto che un agente di origini marocchine (incaricato alla bonifica dei luoghi frequentati dal leader nazional-populista) condivideva le informazioni riservate con un gruppo criminale di olandesi-marocchini. Questo accade in un momento cruciale della campagna, in vista di elezioni che potrebbero aprire in Europa una stagione politica di grandi sconvolgimenti: l'affermazione di Wilders sarebbe un tappeto di tulipani lungo la corsa di Marine Le Pen. I sondaggi che davano Wilders ampiamente in testa nelle scorse settimane, addirittura intorno ai 36 seggi sui 150 in ballo per il Parlamento, ora indicano un recupero del premier liberale Mark Rutte, qualche istituto parla di un testa a testa a 28 seggi. Hanno influito i crescenti allarmi sull'azione di Donald Trump, la cui elezione era stata accolta dai simpatizzanti di Wilders come una legittimazione della sua scorrettezza ai limiti del temerario. Soprattutto, Rutte pare incassare gli effetti di una svolta last minute sul pericolo immigrazione, inseguendo Wilders sul suo terreno, e cavalca l'ottima performance dell'economia: l'Olanda è quinta nel mondo per competitività, è il secondo esportatore mondiale nel settore agricolo, nel 2016 ha registrato la maggiore crescita del Pil dell'Unione e il più basso tasso di disoccupazione giovanile.
Ma è la questione islamica a rendere il voto imprevedibile, e la vicenda dell'agente infedele potrebbe ridare spinta al crociato sovranista. Il Paese simbolo della tolleranza non ritiene più gestibile, in tempo di minaccia terroristica, una società dove su 16 milioni di abitanti un milione sono musulmani. Ed è pronto a scardinare il sistema della politica tradizionale facendo leva sul fenomeno Wilders. Che non è catalogabile, tanto che viene visto come il difensore dei valori progressisti e delle conquiste libertarie olandesi: difatti, a differenza ad esempio di quel che è accaduto contro Norbert Hofer, il candidato di estrema destra in Austria, contro Wilders non si registra alcuna mobilitazione anti-razzista e anti-nazista ed è votato per lo più dai giovani. Lui stesso sembra puntare più al sovvertimento del sistema che al governo: consapevole che nessuno sarà disponibile a formare una coalizione con lui in caso di vittoria (come impone il sistema proporzionale) e che si andrà quindi presto a nuove elezioni.
«Se puntassi solo al potere - dice - userei modi più tranquillizzanti. Io non sono qui per tranquillizzare, ma per restituire identità agli olandesi». Wilders non è Marine Le Pen, quella sì che pensa davvero all'Eliseo.
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