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"Zaia è l'uomo giusto per esportare al Sud il modello Veneto"

Il filosofo: "Incarna una destra moderata e seria ma non sfiderà Salvini. Non è Tosi..."

"Zaia è l'uomo giusto per esportare al Sud il modello Veneto"

Matteo Salvini è un «simpatico sbruffone», Emiliano e De Luca «due capibastone che non hanno alcuna possibilità di diventare leader nazionali», la Meloni «deve scontare un'eredità pesante» (quella ex An) prima di poter ambire a guidare il centrodestra. Ma il fenomeno che ha colpito per davvero Massimo Cacciari, nel panorama «sostanzialmente scontato» del voto amministrativo, è la «pazzesca, incredibile affermazione di Luca Zaia in Veneto».

Professore, non l'avrà mica votato anche lei?

«No, io no, si figuri piuttosto che Zaia voterei Salvini che almeno non è democristiano. Ma le mie preferenze c'entrano nulla. Invece so di molti amici di centrosinistra che lo hanno votato. Credo che il voto di un 5-6% di elettori del Pd sia andato a lui. Ha saputo mettere insieme interessi disparati ed è rassicurante. Il contrario di Salvini che invece spaventa».

È il «modello Veneto» che risorge? Il grande mito del nord-est, motore del paese, che torna a pesare nella politica nazionale?

«Non credo che il punto sia questo. Il trionfo di Zaia non rappresenta solo il tema del nordest e dell'autonomia mancata, significa ben di più. Zaia non ha alcuna nostalgia nordista, di un partito del nordest, ma è l'opzione di una destra che rappresenta il territorio, che non fa comizi ma amministra, che difende interessi economici, industriali, commerciali, una destra borghese, educata, moderata, ben radicata nelle amministrazioni locali. Lontana dallo stile karaoke di Salvini».

Parla quasi di Zaia come del un nuovo leader della Lega.

«Dico che la Lega si trova davanti ad una scelta, difficile. Salvini ha avuto un'intuizione brillante, ha capito che la Lega di Bossi era finita, che c'era un grande spazio per un partito di destra nazionale e lo ha coperto facendo leva soprattutto sui temi della sicurezza e dell'immigrazione. Intuizione giusta, però lo ha fatto in una chiave populista, lepenista, antieuropeista, del tutto in dissonanza con la base sociale di qualsiasi destra seria occidentale. Questa contraddizione doveva venire al pettine prima o poi. Se Salvini non si fosse suicidato l'estate scorsa e fosse rimasto al governo magari sarebbe rimasta sullo sfondo. Ma gli errori che ha fatto dopo l'hanno resa evidente. E quindi adesso in campo c'è l'opzione della leadership di Zaia».

Per questo il voto in Veneto ha una valenza nazionale?

«Ma certo, il Veneto è la regione dove quegli interessi economici di cui parlavo, dall'agricoltura all'industria, sono dominanti e il fatto che stravinca in quella regione è quindi un segnale di straordinaria importanza a livello nazionale».

Quindi si aspetta una battaglia ai vertici della Lega?

«Macché, Zaia non farà mai l'errore di sfidare Salvini, non è mica Tosi, è molto più bravo. Sa che nella Lega il Veneto non deve mai mettersi contro la Lombardia. È la Lega in generale che deve prendere una decisione. Non potrà andare avanti così a lungo, lo dimostra la perdita catastrofica al sud, a favore di una «destra destra», quella della Meloni, che può giocare più agevolmente il ruolo della destra lepenista. A meno che non sia la Lega di Zaia, ecco quella potrebbe parlare anche al Sud, proprio perché sarebbe una Lega borghese, che smette di fare casino sull'Europa, di guardare alla Russia di Putin, di usare l'immigrazione solo come propaganda, perché Zaia sa bene che l'immigrazione serve anche all'industria, è un fenomeno che va governato non demonizzato. Sarebbe una destra che cura gli interessi della destra, in Veneto ma anche al sud».

Insomma vede in lontananza una diarchia Zaia-Meloni?

«In una futura coalizione di governo sì, non nel centrodestra. La leadership del centrodestra in questo momento riguarda la Lega, è troppo più forte della Meloni nelle parti produttive del paese. Poi pesa troppo il passato della leader di Fdi, per quanta buona volontà ci possa mettere».

Salvini è uno sconfitto?

«Ha certamente sbagliato a fissare un'asticella troppo in alto, prima con l'Emilia Romagna e poi con la Toscana. Ma questo gli fa anche onore, me lo rende simpatico, Salvini è uno a cui non piace sopravvivere e questo in politica a me piace. Detesto quello che dice, detesto come è e lo detesto anche esteticamente, ma questa cosa di puntare troppo in alto mi fa tenerezza, come tutti gli sbruffoni, com'è anche Renzi. L'effetto è stato di farlo apparire come quello sconfitto, ma attenzione, il risultato della Lega in Toscana è stato eccezionale. Nella sinistra si è creato un clima da Fort Apache, c'è stata una mobilitazione straordinaria di tutte le energie antisalviniane in Toscana non per il candidato del Pd, ma per non far vincere Salvini. Solo per questo ha perso. Ma certamente non è finito, troverà un modo per rimontare con una mossa giusta».

Qualcuno, dopo gli exploit dal Veneto alla Campania, vagheggia un partito dei governatori.

«Corbellerie. I De Luca e gli Emiliano sono capibastone che non rappresentano affatto il Pd. Non hanno alcuna possibilità di diventare leader nazionali. Il vero tema di questa elezione riguarda il destino della destra italiana.

Se sarà populista allora sarà schiacciata sulla Meloni, se sceglierà la strada di una destra seria dovrà guardare a Luca Zaia».

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