Zelensky alla finestra tra speranza e timori

Il leader ucraino: "Pronto a trattare con lo Zar". Ma c'è la paura di essere scavalcato

Zelensky alla finestra tra speranza e timori
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C'è un dettaglio, formale ma non secondario, che potrebbe in qualche modo fare la differenza nel gioco di forze ed equilibri che si spera possa portare a un dialogo reale che precorra la fine della guerra in Ucraina. Prima di telefonare a Putin, il presidente americano Donald Trump ha chiamato Zelensky. Prima, e non solo dopo come previsto e come poi successo. Un dettaglio, forse marginale, ma che potrebbe avere un peso visto che, come è evidente a tutti, il ruolo di The Donald è e rimane decisivo e il suo schierarsi più da una parte che dall'altra può spostare gli equilibri. Una speranza in più a cui aggrapparsi per Kiev, che per bocca dello stesso presidente ribadisce la sua piena e totale volontà a trattare per fermare il conflitto.

Anche perché Zelensky, che ha chiesto a Trump di non decidere nulla senza l'Ucraina, si è detto pronto a valutare il memorandum russo e per l'ennesima volta, rilancia l'invito a Putin per un negoziato diretto. «L'Ucraina insiste sulla necessità di un cessate il fuoco completo e incondizionato. La nostra offerta, concordata con i partner, è di 30 giorni. Siamo anche pronti a incontrarci a livello di leader per risolvere questioni chiave. L'Ucraina non ha paura dei negoziati diretti con la Russia, ed è importante che la leadership russa non prolunghi la guerra», ha detto il leader ucraino via social. Alla finestra rispetto le decisioni di chi la guerra l'ha iniziata e non sembra avere intenzione di concluderla, attivo dal punto di vista diplomatico. È di ieri l'incontro con alti funzionari ucraini, tra cui il ministro della Difesa Rustem Umerov, che ha guidato la delegazione di Kiev agli incontri di Istanbul la scorsa settimana. «Abbiamo dimostrato al mondo la nostra disponibilità ad avvicinarci alla pace», ha detto Zelensky, ribadendo però la necessità di «fare pressione sulla Russia affinché ponga fine alla guerra». Il ministro degli Esteri Andriy Sybiha e il capo dell'ufficio presidenziale Andriy Yermak hanno confermato anche il costante coordinamento con i partner occidentali cui si chiede, appunto, di spingere Mosca a fermarsi. Ma le pressioni maggiori all'uomo del Cremlino non possono che arrivare dall'uomo della Casa Bianca. Al termine del colloquio Trump-Putin, il tycoon ha richiamato Zelensky informandolo di un dialogo che, a suo dire, dovrebbe portare a un reale percorso per fermare il conflitto. Quello che Kiev chiede e spera ormai da tempo.

Anche se è evidente che Kiev non creda in toto alla possibile svolta. Da una parte c'è la speranza che la mossa di Trump possa portare risultati concreti. Dall'altra il timore, forte, di rimanere schiacciati in una morsa che vede Putin e Trump uniti contro l'Ucraina e pronti a spartirsi quel che resta del Paese. Fiducia, ma solo parziale, e prudenza fino a che non si vedranno risultati concreti che non possono essere diversi da un compromesso che deve cominciare dalla Russia.

Nel frattempo però sul campo il conflitto non si ferma, anzi. Solo la notte scorsa le forze russe hanno lanciato la solita sfilza di droni sulle città ucraine, 76 dei quali, secondo la Difesa di Keiv, sono stati abbattuti anche grazie alla tecnologia che permette operazioni di disturbo elettronico.

Un bombardato contro alcuni quartieri residenziali della città di Kherson ha invece causato la morte di una donna di 75 anni e il ferimento di altri tre civili. Uno stillicidio continuo e quotidiano. Che tutti, soprattutto in Ucraina, sperano possa finire presto.

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