Politici in maglietta: la t-shirt soppianta i comizi

Da Bersani che cita Crozza (facendo affari) alla Minetti che replica alle critiche. Una lunga estate all’insegna degli slogan provocatori impressi sul petto

Politici in maglietta: la t-shirt soppianta i comizi

Strana estate, quella dei politici. Con la gente che non li ascolta più. E appena li vede in televisione cambia canale. Addirittura dal «Lei non sa chi sono io», per ottenere sconti e favori, si è passati a un più mesto «Lei non sa chi non sono io», per restare in clandestinità. Con le ferie saltate per votare la manovra a Ferragosto e i comizi a spiegare che sì, i privilegi ci sono, ma sarebbe giusto eliminarli. Almeno un po’, come il numero dei parlamentari. Salvo poi rimangiarsi tutto (o in parte) quando si entra a Palazzo. E allora si sono dati alla «visual art», riscoprendo le magliette e scoprendo le braccia. Costano poco, fanno simpatia e non impegnano. Oppure faceva talmente caldo che in camicia, giacca e cravatta, proprio non si poteva resistere.

PER POLITICA O PER MODA
Il caso che apre la serie è datato, ottobre 2009, ma il capostipite va citato. Rosy Bindi rispose a Silvio Berlusconi, dal divano bianco di Porta a Porta: «Non sono una donna una sua disposizione». Era una replica al «Lei è più bella che intelligente» del premier. E subito quella frase venne impressa sul cotone dalle pasionarie Pd contro il Cavaliere.
Senza dimenticare Roberto Formigoni. Il governatore della Lombardia al quarto mandato è un altro politico portabandiera della t-shirt e dell’abbigliamento informale in genere. Memorabile, il 15 maggio, giorno delle amministrative, la mise del presidente lombardo al seggio di Milano: maglietta grigia con Paperino in bella vista sotto al chiodo nero. Un duro dal cuore tenero, che apre, in anticipo, la stagione calda dei politici in cotone colorato e mezze maniche.

SEGRETARI CON IRONIA
L’estate, si diceva. Con i «pezzi da novanta» che si muovono. Ha cominciato Pier Luigi Bersani, segretario del Partito democratico, che, in occasione della festa di Pesaro, ha sfoggiato la sua t-shirt, autoironica il giusto. Riciclando le battute di Maurizio Crozza nell’imitazione (riuscitissima) del leader democrat, gli stilisti di casa Pd hanno disegnato una maglietta con la battuta: «Oh ragazzi, ma siam pazzi?». Poi tre slogan diversi (sempre made in Crozza): «Non siamo mica qui a smacchiare i giaguari», «Non siamo mica qui a pettinar le bambole» e «Non siamo mica qui a montare i pannelli fotovoltaici sulle lucciole». Risate e un occhio al bilancio: 4 euro a pezzo, tre per 10 euro. Con almeno 5mila esemplari già venduti. I democratici restano all’opposizione, ma almeno fanno affari d’oro. E stavolta Penati non c’entra.
Solo divertimento per il nuovo segretario del Pdl, Angelino Alfano, che all’esordio ad Atreju, la festa dei giovani organizzata ogni anno dal ministro della Gioventù Giorgia Meloni, ha sfoggiato un «Daje Angelì» in giallo su fondo blu. Nel partito c’è molto da fare.

SIMBOLO DI LOTTA E DI GOVERNO
E non si è tirato indietro nemmeno il simbolo dell’anti politica. Beppe Grillo, in piazza il 10 settembre davanti a Montecitorio, quando ha voluto recapitare una rete piena di cozze a deputati e senatori. Il comico-blogger-capopopolo sfoggiava una t-shirt con bandiera tricolore di sfondo e la richiesta per un «Parlamento pulito».
La risposta leghista non si è fatta attendere ed è arrivata dal Monviso e da Venezia, durante la tradizionale settimana padana. Dopo la maglia verde a Ivan Basso, primo vincitore del «Giro di Padania», e oltre alla classica «Padania is not Italy» ci ha pensato il Trota a mandare un messaggio al movimento. Renzo Bossi si è presentato con una maglietta che ritraeva il padre, Umberto, ovviamente serigrafato nel colore ufficiale di casa Lega. Come dire, in un momento non facilissimo per il consenso interno: il Capo è lui e guai a chi lo tocca.

LA REGINETTA NICOLE
Un capitolo a parte merita Nicole Minetti. La consigliera regionale lombarda, indagata per il caso Ruby dalla Procura di Milano, si è fatta fotografare per le vie del Quadrilatero della moda con una maglietta bianca in risposta alle allusioni sulla sua candidatura: «Senza t-shirt sono ancora meglio». Il web si è scatenato con un numerose imitazioni (rivedute e corrette, molte non riportabili), ma anche la politica non è stata a guardare. Le donne del Pdl veneto riunite nel fine settimana successivo a Cortina hanno risposto al veleno alla Minetti indossando un «è una questione di stile...». Mentre il consigliere regionale Idv, Stefano Zamponi, l’ha buttata sul pratico: «Finché non vedo non credo» ha scritto su una t-shirt poi regalata alla collega del Pdl in aula. Lei s’è fatta una risata. E si è tenuta la maglietta.

Ma qualche giorno dopo, era il 22 settembre, tutti sono stati ripresi da Davide Boni, leghista e presidente del consiglio. «Basta con felpe e magliette, facciamoci rispettare. Non siamo alla bocciofila o alla fiera degli Oh bej oh bej». Scuse pubbliche e ritorno alla divisa d’ordinanza. Tanto ormai l’estate è finita.

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