La risposta c’è stata. Sono arrivati ieri, e in anticipo, gli agenti di polizia chiesti da Milano per rinforzare il controllo del territorio dopo i disordini di sabato. Il nuovo contingente, 170 agenti, era atteso nei prossimi giorni ma è ieri era già in città.
Il sindaco Letizia Moratti lo ha chiesto al premier Silvio Berlusconi, che ha disposto i rinforzi. La risposta è arrivata. Anche per questo ha deciso di non mettersi alla testa di un corteo cittadino, come fece nel 2007 appellandosi all’allora governo di centrosinistra, quando - parole della Moratti - «nessuna risposta positiva era stata data dal governo sulle problematiche della sicurezza», mentre «oggi invece queste risposte ci sono». «Credo - ha detto infatti il sindaco - che sia importante lavorare concretamente e questo governo è sensibile al tema della sicurezza». Anche la Moratti ha osservato come casi del genere siano legati alle politiche di apertura all’immigrazione praticate dal centrosinistra. Ma ha rilevato anche la magistratura deve collaborare per consentire le espulsione dei clandestini in tempi rapidi.
Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, ieri è stato a Milano - prima in Consiglio comunale, poi alla fiaccolata in via Padova: «Dobbiamo rendere soffocante la presenza dello Stato per chi delinque in quel quartiere - ha detto - ci sono leggi precise - ha affermato La Russa - e lo Stato deve dimostrare tutta la sua autorevolezza senza nessuna tolleranza verso chi delinque. Senza rigore non c’è integrazione».
La Russa ha annunciato che sono arrivati anche 50 militari a rafforzare il contingente: «Ho dato la mia disponibilità al prefetto per spostare in via Padova pattuglie da altre zone, ma non ce n’è stato bisogno». La Russa non ha nascosto le difficoltà nel quartiere, per le politiche migratorie seguite dal centrosinistra. «Siamo inzuppati di clandestinità - ha affermato La Russa - e il numero di clandestini lasciatoci in eredità dalle politiche non solo di governo ma anche culturali del centrosinistra è enorme». Il ministro della Difesa ha ricordato che con il governo Berlusconi è stato rimosso il mito dell’Italia come Paese che accoglie a braccia aperte i migranti.
Un altro ministro, il titolare degli Interni Roberto Maroni, ha sottolineato però le competenze del Comune nel contrasto dei fenomeni migratori sregolati: «I quartieri multietnici come quello di Milano - ha detto Maroni - non sono un problema del ministero dell’Interno ma del governo della città». «L’immigrazione regolare -ha spiegato il ministro leghista - va gestita dai sindaci che devono pensare a non creare quartieri come nel caso di Milano dove poi sono nati questi problemi». Maroni si è detto inoltre contrario alla ricerca al clandestino «casa per casa», così come proposta dal capogruppo comunale del Carroccio Matteo Salvini. Sempre sul fronte leghista, il numero uno del Carroccio in Regione, Davide Boni, ha dichiarato di condividere il tetto massimo di stranieri per città. «Alla faccia dei buonisti che hanno sottovalutato i mille allarmi lanciati - ha aggiunto l’assessore regionale al Territorio - è necessario imporre un tetto massimo alla presenza di stranieri nelle nostre città, iniziando proprio a smantellare quei quartieri dove la concentrazione di extracomunitari mette a rischio la convivenza». E anche nelle case popolari, Boni torna a proporre di mettere un tetto del 20 per cento di assegnazioni agli stranieri. «Il rischio banlieue parigine - ha ammonito Boni - non va scongiurato a parole ma nei fatti, perché quello accaduto in via Padova potrebbe ripetersi in altri quartieri trasformati in ghetti pericolosi proprio dagli ultimi arrivati in questo Paese».
Il centrosinistra continua da parte sua nel tentativo di cavalcare i fatti di via Padova in funzione elettorale.
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