Per la seconda volta l’ultimatum imposto dai guerriglieri maoisti per l’accettazione delle loro condizioni in cambio dell’avvio delle trattative per liberare i due italiani rapiti una settimana fa nello stato indiano dell’Orissa è stato rinviato. La prossima scadenza è fissata per la sera di oggi.
Il nuovo rinvio sembra essere un segno positivo, una dimostrazione del fatto che la trattativa va avanti. Le autorità indiane confermano la loro disponibilità a negoziare per arrivare alla liberazione dell’organizzatore piemontese di escursioni Paolo Bosusco e del suo cliente, il medico romano Claudio Colangelo. C’è però stato un contrattempo: due delle persone indicate dai «naxaliti» come mediatori sono di fatto fuori dai giochi, una perché non ha accolto l’invito della guerriglia a rappresentarli e un’altra perché si trova in carcere dove sconta l’ergastolo (una chiara forma di pressione politica da parte della leadership dei guerriglieri) e il governo indiano non intende liberarlo. Il primo ministro dell’Orissa, Naveen Patnaik, ha pertanto invitato i maoisti a indicare altre due persone «il prima possibile, onde poter avviare la trattativa immediatamente».
Gli spiragli per la trattativa rimangono aperti, considerando la tregua offerta da entrambe le parti per favorire il negoziato, ma le complicazioni non mancano. I carcerieri fanno sapere che Bosusco e Colangelo stanno bene: «Vengono dati loro cibo e altre cose, non hanno alcun problema». Al tempo stesso, però, minacciano di consegnare gli italiani ad altri ribelli del vicino stato di Chattisgarh, se le loro richieste non saranno accolte. Tra queste le due principali sono che l’interruzione delle operazioni militari governative contro i maoisti diventi stabile e definitiva in tutta l’India, e che siano liberati un certo numero di capi e militanti maoisti attualmente in carcere. Ma ci sono anche, tra le altre, la richiesta di fermare il turismo nelle aree tribali e quella di risarcire le famiglie dei militanti maoisti uccisi. Nessuna di queste è facile da soddisfare.
E mentre continuano le dimostrazioni spontanee di simpatia tra gli abitanti dell’Orissa verso «gli ospiti italiani rapiti», anche la chiesa locale esplora la possibilità di agire come mediatrice. Nelle tribù vi sono molti cristiani e la stessa polizia sta chiedendo l’aiuto delle chiese e delle organizzazioni senza fini di lucro attive nella regione per arrivare al rilascio di Bosusco e Colangelo «su basi umanitarie».
Intanto arrivano i commenti della polizia locale sulla figura di Bosusco e sul rapimento di cui è rimasto vittima con il suo cliente italiano. «È stata una fatalità - ha detto il vicecapo della polizia di Puri, la città da dove il 12 marzo era partito il trekking conclusosi con il rapimento -, una terribile fatalità. Lui è una brava persona che ama il suo lavoro. Ma perché sono andati fin là?».
Il dirigente della polizia ha usato parole di apprezzamento per il tipo di turismo che proponeva Bosusco («non invasivo»), ma l’ha definito «troppo rischioso». «Il problema - ha aggiunto - sono le decine di agenzie e tour che organizzano visite nelle zone tribali senza chiedere permessi: sanno che non glieli daremmo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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