Piera Anna Franini
Domani sera (ore 21), in Conservatorio, per la Società dei Concerti, suona Maurizio Pollini, il pianista italiano per antonomasia. Si tratta di un recital straordinario, fuori stagione e soprattutto al di là di ogni previsione: di pubblico e organizzatori. Una serata annunciata neanche dieci giorni fa, e come da copione - presa dassalto dal pubblico, i biglietti si sono volatilizzati in un batter docchio, anche considerato il prezzo popolare del biglietto, scelta dettata dalla finalità della serata.
Caccia al biglietto, dunque. Perché è vero che Pollini riserva alla sua città Milano, appunto il maggior numero di concerti destinati allItalia, ma il numero di presenze milanesi rimane pur sempre esiguo. Si aggiunga il fatto che, salvo le eccezioni del caso, è la Scala a esercitare una sorta di esclusiva dei recital di Pollini che per trentanni, fino al concerto di riconciliazione del settembre 2002, disertò il Conservatorio (nel 1972 si era consumata una serata furibonda con il pianista intento a leggere un proclama pro-Vietnam, e la platea che ad appello appena cominciato travolse linterprete, notoriamente schivo e riservato, con una pioggia di fischi).
Pollini raggiunge Milano dopo i successi al Musikverein di Vienna (7 e 8 giugno) e al Théâtre du Châtelet di Parigi (15 giugno) e precede gli appuntamenti estivi, ormai classici, di Siena e di Salisburgo. Concerti, viennese e parigino, spesi nel segno del Romanticismo di Liszt, Schumann e Chopin prima dellomaggio allultimo Mozart atteso allAccademia Chigiana di Siena (10 agosto) e al Festival di Salisburgo (14 agosto).
Pollini, per Milano, ha impaginato un programma segnato dalle Sonate in fa minore e in do maggiore op.2 di Beethoven, la Prima Ballata, Terzo Scherzo, due Notturni op.55 e Polonaise op.44 di Chopin.
«Pagine dove il romanticismo si sposa alla perfezione formale, e la componente lirica convive con quella drammatica mentre lintimità sfocia in grandi opere dal piano grandioso», ha spiegato Pollini con quel dono della sintesi spesso proprio di chi è laconico. Chopin e Beethoven sono due compositori nelle corde di Pollini che nel 1957, a quindici anni, si presentava al pubblico milanese proprio con gli Studi di Chopin, il musicista che lo faceva balzare alla ribalta internazionale nel 1960 con la vittoria dellallora prestigioso Concorso di Varsavia. Il tutto preceduto da un secondo premio al Concorso di Ginevra a quindici anni, primo concerto alla Scala a sedici (composizioni di Ghedini in programma).
E dopo la medaglia allo Chopin di Varsavia, inno secco alla stagione di concerti, Pollini optava per una pausa di studio e di approfondimento, decisione in linea con il carattere intransigente e lo spirito di ricerca. La stessa intransigenza che lo porta a condannare «lo sfruttamento intensivo di questo o quel talento, che finisce per danneggiare lartista».
Quanto a Beethoven, risale al 1993 la decisione di Pollini di rileggere lIntegrale del compositore in senso cronologico, allargando linteresse anche alle Sonate con cui apre il capitolo beethoveniano, quelle in programma venerdì e fino allepoca trascurate.
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