Il Polo: "Rai occupata, no a nuove nomine"

Dopo la revoca di Petroni dal cda, la Casa delle libertà diffida l’Unione dal compiere altri colpi di mano ai vertici di Viale Mazzini. Il ds Violante: "Avanti lo stesso". Berlusconi: "Il loro organigramma è già da tempo nero su bianco". La Cdl compatta: "Così è impossibile parlare di riforme"

Il Polo: "Rai occupata, no a nuove nomine"
Roma - Il tempo stringe. E a pochi mesi dalla scadenza del Cda presieduto da Claudio Petruccioli, Romano Prodi ha deciso di rompere gli indugi e dare una accelerata al riassetto dei vertici con Rai. Anche perché, è la convinzione di Silvio Berlusconi, «il nuovo organigramma è già da tempo nero su bianco» e prevede la sostituzione sia del direttore di Rai1 (Paolo Ruffini al posto di Fabrizio Del Noce) che di quello di Rai3 (Giovanni Minoli per Ruffini). Il punto è che affinché il riassetto sia «operativo» già dal prossimo anno, il Cda di viale Mazzini deve mettersi al lavoro fin dalle prossime settimane, al più tardi dal primo ottobre. Altrimenti diventerà quasi impossibile intervenire sulla pianificazione dei palinsesti invernali. Anche così, nonostante l’alzata di scudi dell’opposizione e le perplessità di parte della maggioranza, si spiega l’avvicendamento di Angelo Maria Petroni con Fabio Fabiani. E pure l’appello congiunto lanciato dalla Casa delle libertà - per l’occasione di nuovo aperta all’Udc - che «diffida politicamente» il centrosinistra e chiede una moratoria delle nomine in Rai fino all’8 novembre. Per quella data, infatti, è attesa la pronuncia del Tar sui ricorsi presentati da Petroni e, di conseguenza, la certificazione che l’attuale Cda è pienamente legittimato. Al contrario - spiegano in una conferenza stampa congiunta Paolo Bonaiuti, Andrea Ronchi, Roberto Maroni e Francesco Pionati - si perpetuerebbe «un gravisimo vulnus democratico contro il diritto dell’informazione». Eppoi, se la magistratura desse ragione a Petroni, «tutte le decisioni prese sarebbero illegittime» e «destinate a decadere».

L’obiettivo dell’opposizione, dunque, è quello di prendere tempo. E posticipare il più possibile la piena operatività del Cda. D’altra parte, spiega Bonaiuti, «siamo in una situazione mai vista» con «la maggioranza che esprime presidente e dg oltre a controllare il Cda». «Mi pare - aggiunge il portavoce del Cavaliere dopo aver ricordato che il governo Berlusconi lasciò al suo posto Roberto Zaccaria sino a fine mandato per poi sostituirlo con Lucia Annunziata - che l’appetito sia troppo grande». Ma i segnali che arrivano da Palazzo Chigi sono nella direzione opposta. Come dice il ds Luciano Violante, «si va avanti lo stesso».

Di «occupazione manu militari» parla il portavoce di An Ronchi, perché «l’avessimo fatto noi avremmo le piazze piene». E anche il capogruppo della Lega alla Camera Maroni è convinto che si sia «superata ogni immaginazione» andando avanti con «uno spoil system selvaggio che non risparmia nessuno proposto dal precedente governo». E ancora: «Siamo di fronte ad atti di pulizia etnica. Per questo chiediamo al presidente della Camera di convocare quanto prima i ministri competenti, Padoa-Schioppa e Gentiloni». Dura anche la posizione dell’Udc, perché - spiega il portavoce del partito Pionati - «queste decisioni giungono in un momento in cui l’Unione è al minimo storico nei sondaggi, una coincidenza sospetta».

E anche per questa ragione Berlusconi è dell’idea che sul caso Rai il centrodestra debba lanciare una vera e propria campagna.

«È la conferma che l’occupazione è in corso - confida ai suoi - e gli italiani debbono saperlo». Anche perché, è il ragionamento del Cavaliere, «con Prodi che ormai va avanti giorno per giorno» una simile «manifestazione di arroganza è un argomento che non possiamo mettere da parte».

Ed è anche per queste ragioni che - fanno sapere Forza Italia, An, Lega e Udc - «senza un chiarimento non è più pensabile alcun dialogo, a partire dalle riforme». Tanto che è saltato il vertice sulla legge elettorale tra i leader dell’opposizione (Udc compresa) convocato per oggi. «Noi rialziamo il ponte levatoio», dice Maroni che nel caso il Tar dia ragione al governo è dell’idea che «il presidente non potrà più essere Petruccioli». L’ex ministro del Welfare, poi, torna «dolorosamente» a sottolineare come il Quirinale usi «due pesi e due misure». Argomento che non convince l’Udc: «Teniamo il Quirinale fuori da questa vicenda».
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