Politica

Poltrone e privilegi: così la politica ricicla i candidati trombati

Bocciati al voto o esclusi dalle candidature restano in sella. Come l’ex deputato Udeur Antonio Potenza, ricollocato a capo di Acque Spa, controllata dalla regione Basilicata

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

Politici liquidati con poche parole di circostanza dai maggiorenti dei partiti nelle giornate convulse in cui si compilavano le liste elettorali. Oppure candidati, magari anche in testa di lista, ma clamorosamente puniti nelle urne. In una parola: trombati. Alle politiche di aprile, al massimo un anno prima alle regionali. E quindi orfani della poltrona, appiedati dall’auto blu, disoccupati sull’orlo di una crisi esistenziale. Problemi loro? Macché. Le dimensioni del fenomeno hanno convinto i loro colleghi più fortunati, i politici rieletti, di avere a che fare con una categoria meritevole di protezione. Non per ragioni di solidarietà corporativa, ma per far fronte a una vera emergenza sociale. Si poteva mica lasciarli in mezzo a una strada? Certo che no. Una consulenza qua, una presidenza là: le vie della lottizzazione sono infinite. E consentono di recuperare, risarcire, ripescare, riciclare, ricompensare. A volte miracolare.
Nuovo cinema Ulivo
La nuova legge elettorale proporzionale a liste bloccate, il cosiddetto porcellum, ha introdotto la categoria dei «trombati preventivi». Cioè non ricandidati dai partiti, fatti fuori dalle liste fin troppo intasate prima ancora di provare l’ebrezza della campagna elettorale. Per molti di loro, nel centrosinistra, come risarcimento è stato trovato un posto da sottosegretario. Ma i pretendenti erano superiori ai 102 posti di governo (record storico, uno in più del settimo esecutivo Andreotti). Così per qualcuno si è dovuto ricorrere alle nomine negli enti più diversi.
Con questa logica l’editore e politologo fiorentino Stefano Passigli, senatore dal 1992 (prima nel Partito repubblicano, poi nei Ds), non potendo tornare a Palazzo Madama è stato consolato con la presidenza dell’Istituto Luce. A nominarlo a fine luglio il ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli. Il quale, per amore di par condicio, ha trovato una poltrona anche per un ex senatore della Margherita, Alessandro Battisti, anch’egli non ricandidato pochi mesi prima. Non gli è andata mica male: ora guida la società Cinecittà Holding, che tra l’altro controlla anche l’Istituto Luce.
Naturalmente entusiasti i commenti dei Ds («Nomine di grande qualità») e della Margherita («Nomine di alto profilo»).
Fatti più in là
Singolare la vicenda capitata in Basilicata. Antonio Potenza, ex deputato dell’Udeur, mai avrebbe pensato di non sedere più sul rassicurante scranno di Montecitorio. Era infatti il capolista per il suo partito: un posto blindato. E invece è rimasto fuori. Non rieletto, proprio così. Fregato da Rifondazione comunista. Ma l’astinenza da poltrona è durata solo pochi mesi: dopo l’estate è diventato presidente di Acqua Spa, società controllata al 99% dalla Regione, istituita nel 2002 per gestire le dighe lucane. Tutti felici e contenti, meno il rimosso Antonio Papaleo. Si dà il caso, infatti, che l’ex presidente fosse un ex trombato: nel 2000 aveva mancato l’elezione nel Consiglio regionale con il Ppi.
Trombatura «primaria»
Francesco Boccia è un caso speciale. Travolto nelle primarie pugliesi del gennaio 2005 dal ciclone Vendola, nonostante fosse sostenuto da Ds e Margherita, non rimane con le mani in mano. Anzi: la clamorosa sconfitta lo lancia in una fulminea carriera tra la Puglia e Roma. Per un anno continua a fare l’assessore comunale a Bari. Non conquista la candidatura in Parlamento, ma dopo le elezioni il suo mentore Enrico Letta lo chiama a Palazzo Chigi come capo del Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali. Potrebbe bastare, invece no. Due settimane fa il ministro dell’Interno Giuliano Amato l’ha nominato anche commissario straordinario del Comune di Taranto, recentemente dichiarato in dissesto finanziario.
Sua Sanità
A fine ottobre la giunta regionale pugliese di centrosinistra ha deliberato importanti nomine nella sanità. E guarda caso tra i prescelti ci sono due candidati trombati alle elezioni regionali del 2005. Puniti dagli elettori, premiati dagli eletti. Emanuele Sannicandro, ex consigliere della Margherita, è finito alla presidenza dell’Istituto oncologico. Domenico Colasanto, che sarà promosso direttore generale, può almeno vantare due mancate elezioni: sia nel 2000 che nel 2005 era risultato primo dei non eletti tra i Ds. Come dire: almeno se l’è sudata.
Lista civica, posto sicuro
A Milano il sindaco Letizia Moratti ha riservato una corsia preferenziale a due sfortunati candidati al Consiglio comunale nella sua lista civica. Il capolista Piero Borghini, ex migliorista nel Pci, è diventato direttore generale del Comune. Riccardo Albertini, approdato dal Nuovo Psi, è stato nominato dirigente responsabile delle politiche del lavoro.
Sono invece reduci da insuccessi alle elezioni politiche altri due dirigenti selezionati dalla giunta: Carmela Madaffari, mancata senatrice dell’Udc in Calabria, al Comune di Milano guida ora la Direzione centrale famiglia, scuola e politiche sociali. Marco Ricci, nuovo direttore del settore Pubblicità, era candidato alla Camera in fondo alla lista lombarda di An.
Pacco, doppio pacco...
Geniale. Carlo Costantini era un consigliere regionale abruzzese della Margherita. Ma nell’aprile 2005, nonostante oltre 7mila preferenze, non riesce a centrare la rielezione. La giunta di centrosinistra lo ricompensa sei mesi dopo nominandolo commissario dell’Azienda di promozione turistica regionale. A gennaio 2006, la carica si stabilizza: da commissario diventa presidente. Nemmeno due mesi dopo, il colpo di scena: Costantini molla la Margherita e passa all’Italia dei Valori per candidarsi alla Camera, suscitando l’ira dell’abruzzese Franco Marini. Lui se ne infischia, tira dritto e si fa eleggere. Risultato: ora è capo dell’Azienda del turismo a L’Aquila con il marchio della Margherita e parlamentare a Roma grazie all’Italia dei Valori. Deputato e presidente. Un capolavoro che farà scuola.
Meno concorsi per tutti
Accade alla Regione Lazio. La giunta di centrosinistra ha nominato a settembre il nuovo amministratore delegato della società controllata Lazio Service. Si chiama Tonino D’Annibale. Sostiene di essere stato scelto «in base a un curriculum e a un programma». E liquida come «cattiverie» e «volgarità» ogni riferimento al fatto che fosse consigliere regionale dei Ds fino al 2005, quando non è stato rieletto. Una pura coincidenza.
In ogni caso con lui la Regione è stata sollecita. Al contrario, quindici giornalisti vincitori di regolare concorso da addetto stampa del Consiglio attendono da un anno di firmare il contratto e iniziare a lavorare. Hanno fatto le visite mediche, presentato tutti i documenti, inviato diffide legali, ottenuto l’intervento del sindacato. Invano. Qualcuno ha lasciato un altro lavoro, chi non abitava a Roma ha affittato una casa nella capitale. Eppure la Regione non li convoca e li lascia a spasso e senza lavoro. Due mesi fa hanno chiesto un’audizione alla Commissione Lavoro. Nessuna risposta.
Dovranno candidarsi alle elezioni per essere assunti?
giuseppe.

salvaggiulo@ilgiornale.it

Commenti