Polveri sottili killer: «Ogni anno causano fino a 900 morti»

Sono i numeri di un’emergenza sanitaria. Perché «muore di inquinamento chi per anni ha subito la lenta azione dei tossici ambientali sul cuore (infarto, aritmia) o sui polmoni (cancro, fibrosi) e chi, anche indipendentemente dall’età, si trova temporaneamente o definitivamente in una condizione di minore resistenza agli insulti ambientali». Ovvero, anziani e bambini. Polveri sottili che avvelenano l’aria di Milano. E uccidono. «Gli effetti sulla salute consistono in danni acuti (effetti letali e non letali degli incrementi sul breve periodo delle concentrazioni di Pm10 e Ossido di azoto), e in danni cronici (effetti letali e non letali conseguenti a esposizioni di lungo periodo)». Tradotto in cifre, «si può affermare che da 550 a 900 decessi all’anno (su un totale di circa 14mila, ndr) sono attribuibili a Milano agli inquinanti dell’atmosfera urbana». Eccolo, il dato più impressionante della perizia tecnica sullo smog depositata in Procura. È l’incidenza sulla salute dei milanesi, che occupa un lungo capitolo della consulenza. Con numeri che fanno impressione. Perché, nel periodo compreso fra il 2004 e il 2009, vengono calcolati circa 17mila anni di vita persi (più esattamente, 16mila e 889, attribuibili alle concentrazioni di pm 2,5) a causa delle emissioni inquinanti. Un’ecatombe.
Di certo, sottolinenano gli esperti, le soluzioni fin qui adottate servono a poco o nulla. Innnanzitutto, perché «il potenziale beneficio per la salute umana delle restrizioni occasionali del traffico può essere a carico solo degli effetti acuti e non di quelli cronici, data l’esiguità dell’interruzione dell’esposizione». Eppure, qualcosa si potrebbe fare. Anche «limando» di poco i livelli di inquinamento nell’aria. «Per il valore più basso di riduzione (5%) - si legge nel documento - nel periodo di sei anni preso in considerazione, il beneficio equivarrebbe a una riduzione annua di 22 decessi per tutte le cause, 7 dei quali per cause cardio-vascolari e 3 per cause respiratorie». «Si tratta con ogni evidenza - sottolineano ancora gli esperti - di frequenze molto basse a causa dell’effetto combinato dell’esiguità del rischio e dell’esiguità della riduzione della concentrazione media annua ipotizzata». Ma i giorni di interruzione del traffico sono stati due nel 2004, 4 nel 2005, altrettanti nel 2006, 2 nel 2007 e nessuno nel biennio 2008-2009. In media, due giorni di interruzione all’anno. «Appare evidente - conclude la perizia - che anche tenendo conto delle più alte concentrazioni medie giornaliere nel epriodo delle restrizioni occasionali, così brevi interruzioni non siano in grado di rifurre se non marginalmente il valore della concentrazione media annua di pm10 (ben lontano dalla riduzione del 5% considerata) e conseguentemente il numero di decessi e ricoveri attesi». Così «si ricava che i soli interventi capaci di produrre un’apprezzabile riduzione degli eventi acuti associati all’inquinamento in termini sia di decessi sia di ricoveri sono quelli strutturali, capaci di produrre riduzioni di almeno il 5% della concentrazione annua di pm10».
Ma l’allarme non è solo quello legato ai decessi. Le tabelle raccolte nel dossier in mano ai pm raccontano come il superamento della concentrazione media annua di biossido di azoto e di pm2,5 produca gravi effetti anche sulla vita quotidiana dei milanesi. Lo studio calcola in oltre 423mila i giorni di lavoro persi per malattie legate ai due inquinanti, in un milione e 332mila gli episodi di sintomi respiratori nella popolazione sopra i 15 anni (circa 200mila l’anno), in 5mila 938 espisodi di bronchite nei bambini sotto i 15 anni. Un quadro che imponte interventi più incisivi.

Perché quelli «occasionali di limitazione del traffico hanno effetto trascurabile sui danni alla salute per la brevità della loro durata, per la limitazione spaziale della loro applicazione e per l’esiguità numerica degli effetti su base giornaliera».

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