Roma Il presidente della Lazio, Claudio Lotito, socio dellistituto di vigilanza che gestisce la sicurezza alla Regione Lazio e che è finito nel mirino per le misteriose incursioni notturne collegate alle microspie rinvenute nellufficio del presidente Polverini, laveva detto (e non detto) al Giornale: «Perché sono state fatte entrare di notte alcune persone alla Regione? Perché le guardie sono state fatte scendere al piano terra? Perché sono state prelevate le chiavi dellufficio della Polverini? A queste domande non rispondo, ma vi dico che è tutto regolare, regolare, regolare». La sicurezza mostrata dal patron della squadra biancoceleste trova, forse, un link con le indiscrezioni provenienti dalla procura di Velletri dove ieri si sono recati la Digos e i pubblici ministeri romani che indagano sulle microspie, e dove nei giorni scorsi sarebbe stata convocata per essere interrogata la governatrice del Lazio per vicende inerenti presunti reati ambientali collegati ai rifiuti (vicende ereditate dalla precedente gestione Marrazzo, e continuate - secondo gli inquirenti - anche dopo la vittoria del centrodestra alle ultime regionali).
Il link potrebbe portare a ipotizzare che le microspie possano esser state messe dalla polizia giudiziaria che su ordine della magistratura di Velletri si sarebbe fatta aprire dai vigilantes le porte della Regione Lazio per posizionare le microspie proprio nella stanza di lavoro in via Cristoforo Colombo a Roma. Se le cose sono andate davvero così - ed è prematuro dirlo - le guardie giurate della Roma Union Security di Lotito sarebbero state «obbligate» dallautorità giudiziaria a comportarsi in «modo anomalo», come denunciato da Cgil, Cisl e Uil in un esposto.
Eppoi cè da capire chi, allinterno della Regione, sapeva dellaffaire microspie. La caccia alla talpa è aperta.
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