Pomezia, consigliere Pd beccato con una mazzetta di fronte al Municipio

In manette Renzo Antonini: è stato sorpreso mentre intascava una bustarella davanti al Comune. Già 11 anni fa era stato indagato per tangenti

Sindacalista dei comitati unitari di base della Fiorucci preso di nuovo in “castagna” davanti al Municipio di Pomezia. Ovvero mentre s’intasca una tangente da 2500 euro. A mettere le manette ai polsi del consigliere comunale del Pd Renzo Antonini i carabinieri del colonnello “Ultimo”, al secolo Sergio De Caprio, attualmente vicecomandante del Comando Tutela Ambiente dei Carabinieri assieme al comandante del Noe, il Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma di Roma, il capitano Pietro Rajola. Per la seconda volta il consigliere Antonini viene arrestato per tangenti: la prima, 11 anni fa quando era nei Ds. I militari, del resto, da tempo erano sulle tracce di un losco affare di appalti “sporchi” assegnati per conto dell’azienda di salumi Fiorucci, parte lesa e totalmente estranea alla vicenda, alla ditta “Ariete” per quanto riguarda lavori di pulizie, facchinaggio e smaltimento rifiuti.

“La percentuale intascata ogni mese dall’indagato - spiega a il Giornale il capitano Rajola - era fissata al 10 per cento, vale a dire cinquemila euro al mese da quattro anni. Quella di oggi era solo una tranche della mazzetta. Secondo l’inchiesta il consigliere Antonini, nonché sindacalista dei Cub all’interno della Fiorucci si faceva pagare affinché l’impresa assegnataria potesse continuare a lavorare. Le accuse? Concussione ed estorsione. Le indagini non sono certo finite: dobbiamo valutare la posizione di altri colleghi all’interno dell’azienda, suoi possibili complici”. Insomma ecco un’altra storia di tangenti a Pomezia, cittadina industriale alle porte di Roma che fino a pochi anni fa godeva ancora dei contributi della Cassa del Mezzogiorno.

Vale la pena ricordare la vicenda che nel giugno 2001 ha azzerato il Municipio pontino: 32 persone arrestate, in particolare 27 amministratori in galera fra i quali il sindaco Aureli e la sua giunta. Rifiuti, tributi e acqua potabile: questi i filoni del maxi scandalo scoppiato all’indomani di una serie inquietante di attentati ai consiglieri “ingordi” o a quanti non si volevano piegare a un gioco troppo pericoloso. A Pomezia il denaro viene diviso proprio nell’auto privata del primo cittadino, come rivelano le microspie piazzate dai carabinieri di Frascati durante le indagini. Tangenti pagate per lo smaltimento della spazzatura, per la privatizzazione della riscossione di Ici e Tarsu, per contribuire (sempre con il denaro pubblico) alla chiusura di un vecchio contenzioso fra il titolare dell’Arcalgas e la Regione Lazio. Il giro di mazzette distribuite ai componenti di tutti gli schieramenti spedisce in carcere anche 4 imprenditori e un criminale “comune”, assoldato per intimorire quanti potessero creare problemi e inceppare la macchina fabbrica soldi.

È il settembre del 2000 quando le auto del capogruppo del Ccd Vincenzo Mauro e del consigliere Paolo Valentini finiscono in fiamme. Motivo? Per la Procura Antimafia è il prologo di una guerra intestina fra maggioranza e opposizione. “Il ribaltone provocato dal cambio di posizione di Mauro e Valentini allontanano il consigliere Ruffini dalla gestione della cosa pubblica” scrive il gip sulle ordinanze di custodia cautelare. Pomezia come Siculiana, insomma: minacce telefoniche, pacchi esplosivi, bottiglie incendiarie. Segue una pax mafiosa prima della discussione, in consiglio, dell’emergenza spazzatura. Bisogna rinnovare la gara d’appalto alla ditta incaricata: la proroga imposta sta per scadere e in lizza c’è un consorzio. In aula i carabinieri in borghese. Gli allora Ds sostengono una società mista, l’Udp vuole invece un affidamento diretto al Gfm. Le proposte vengono accorpate e con 2 delibere la faccenda è risolta.

Secondo la magistratura atti votati illegalmente: questo l’errore che fa scattare la corruzione aggravata. Le intercettazioni ambientali svelano i retroscena. “E’ il sindaco Maurizio Aureli a tenere i conti, Vincenzo Mauro, il “mazziere” era incaricato di distribuire il denaro - ricordano i carabinieri -. Spartivano soldi facendo nomi e cognomi dei destinatari”.

“Sul nastro - racconta il pm Vitello - si sente persino il frusciare delle banconote. Quando scoprono la “cimice”, però, le conversazioni assumono altri toni”. Antonini, in attesa dell’interrogatorio di garanzia, è stato rinchiuso nel carcere di Velletri.

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