Economia

Pomigliano, Marchionne: "Se non c'è l'accordo si ammazza l'industria"

Marchionne: "Mi dispiace che ci sia tutta questa polemica su un accordo che doveva essere fondamentalmente estremamente semplice". Poi: "Basta scioperi quando c'è la Nazionale". Il 22 giugno il referendum

Pomigliano, Marchionne: 
"Se non c'è l'accordo 
si ammazza l'industria"

Vicenza - "Mi dispiace che ci sia tutta questa polemica su un accordo che doveva essere fondamentalmente estremamente semplice". E' quanto ha detto l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne a proposito del referendum tra gli operai di Pomigliano previsto il 22 giugno. Poi tuona: "Se la vogliamo ammazzare me lo dite, lo facciamo, sono disposto a fare quello che vogliono gli altri. L’Italia non avrà un futuro manifatturiero, l’industria non esisterà piu".

Il dispiacere di Marchionne A Marchionne è stato poi chiesto se ci sono stati segnali dalla Fiom. Il manager ha risposto: "No, le posizioni sono state prese e sono piuttosto chiare". Ai cronisti che poi gli chiedevano su che percentuali si aspetti l’esito del referendum, l’ad ha aggiunto senza voler fornire cifre: "Una percentuale tale da permetterci di poter utilizzare lo stabilimento". Marchionne ha poi sottolineato in merito alla vicenda: "Mi aspetto un esito positivo, vediamo cosa succede". "Gli operai del gruppo Fiat - ha tuonato l'ad del Lingotto - devono smetterla di inventare scioperi proprio quando gioca la Nazionale, perché se si continua a prendersi per i fondelli il Lingotto non sarà più interessato a produrre in Italia". "Stiamo discutendo un discorso teorico su un affronto alla Costituzione italiana: stiamo scherzando?". "Lunedì scorso - ha sottolineato il numero uno del Lingotto - lo stabilimento di Termini Imerese è andato in sciopero e l’unica ragione era che stava giocando la nazionale italiana. Cerchiamo di smetterla di prenderci per i fondelli: come lo fanno a Termini, l’hanno fatto a Pomigliano e lo fanno in tutti gli stabilimenti italiani. O facciamo il nostro lavoro seriamente - ha concluso - o la Fiat non è interessata".

Le accuse alla Fiom "Come industriale non mi riconosco nei discorsi fatti dalla Fiom: non è la Fiat che gestiamo noi, non è la Fiat che esiste. Parliamo di mondi diversi, è proprio un discorso completamente sballato - ha affermato Marchionne - noi abbiamo bisogno come in America di parlare con un solo interlocutore, non dodici. Anche il fatto che i nostri operai si siano divisi in gruppetti dà fastidio e non è la cosa più efficiente". "Non si può andare avanti così - ha concluso Marchionne - se per portare una macchina in Italia bisogna parlare con dieci persone: è una cosa incredibile, mai vista.

Se la Fiat non avesse voluto bene a questo Paese, non avrebbe mai fatto una mossa simile".

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