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POVERI GIUDICI DI PACE

POVERI GIUDICI DI PACE

Cresce il numero dei casi sottoposti all’attenzione del giudice di pace. In via Teulada, nel 2007 è stata toccata quota 127mila (contro i 116mila del 2006) mentre oggi siamo già a 28mila. Tutto considerato, è plausibile pensare che quest’anno verrà stabilito un nuovo primato. Ma se da un lato la mole di lavoro assume dimensioni sempre più importanti, dall’altro l’organico è in riduzione.
I giudici attualmente in servizio sono 138, ovvero 22 in meno rispetto al 2007. Sulla carta, secondo il Csm, dovrebbero essere 200. A ogni modo, quelli a disposizione lavorano tre giorni alla settimana. Sbrigano una ventina di pratiche alla volta per non rimanere indietro e quando è giorno di udienza pare di stare al mercato. A rendere poi il clima più confuso contribuisce il calo del personale amministrativo. Adesso, bene che va, un cancelliere deve seguire 5 giudici alla volta. «Nonostante le competenze attribuite al giudice di pace siano aumentate nel corso del tempo - puntualizza un addetto - la pianta organica, anziché essere aggiornata, ha subito tagli».
In base al disequilibrio messo in evidenza dalla sfilza di numeri sopraelencati è stupefacente che la macchina non si sia ancora ingolfata e lo è ancora di più se si prendono in esame le condizioni in cui i giudici onorari svolgono il proprio compito. La carenza di personale è una parte del problema. In verità, manca anche il resto. Per rendersene conto è sufficiente affacciarsi in una delle stanze dove lavorano. Niente pc, niente telefono. Niente fogli, niente penne. Solo sedie e scrivanie. «Per stendere la sentenza uso il computer che ho a casa», spiega uno dei giudici intervistati. «Spendo una fortuna in cartucce per la stampante», si lamenta un altro. La penuria di strumenti a disposizione li obbliga a terminare il lavoro a casa e così, concluso il proprio turno, li vedi andare via con lo zaino colmo di cartelle. Stessa disorganizzazione altrove. Gli uffici dei ricorsi restano spesso incustoditi. Gli avvocati entrano, cercano il fascicolo e quando hanno fatto lo rimettono a posto. A guardarli in faccia sembrano vicini all’esaurimento.

«Ci affidiamo alla loro buona volontà», sospira un cancelliere. «La prossima volta - borbotta un giovane legale - faccio sparire qualche dossier per sfregio». Nei corridoi di via Teulada si respira aria da Far West. Solo il più forte sopravvive.

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