Il premier: "Dal corteo nessun contributo Il governo va avanti"

Berlusconi da Pechino: "Sfilata a uso interno della sinistra. Provo invidia per le socialdemocrazie del resto d’Europa. Non sapevano per cosa protestare, si sono aggrappati alla scuola solo all'ultimo minuto"

nostro inviato a Pechino

«Non ci sarà nessun cambiamento nell’azione di governo e della maggioranza perché quella di oggi è una manifestazione a uso interno della sinistra». Mentre al Circo Massimo stanno iniziando ad arrivare i primi cortei e ancora manca qualche ora all’intervento di Walter Veltroni, ragioni di fuso orario impongono a Silvio Berlusconi una sorta di commento «preventivo» sulla manifestazione dell’opposizione. L’incontro con i giornalisti prima della partenza per il Kazakhstan e il faccia a faccia con il presidente Nursultan Nazarbayev, infatti, è sì l’occasione per fare il punto sul vertice Asem che si è appena concluso a Pechino, ma viene ben presto monopolizzato dalle questioni di politica interna.
Così, ai cronisti che gli chiedono un commento sulla piazza di Roma, Berlusconi dice di non essere «affatto preoccupato». Anzi, «sono contento che non piova, così non possono dire “piove, governo ladro”».
«I leader della sinistra – spiega il premier – hanno garantito che sarà una manifestazione serena, diamogli credito». Ma, ci tiene a dire, «non ci sarà nessun cambiamento nell’azione di governo perché questa è una manifestazione per uso interno alla sinistra». Insomma, «interna corporis, per le loro divisioni e per marciare contro il governo».
La convinzione di Berlusconi, infatti, è che la chiamata alla piazza sia soprattutto un modo per ricompattare un’opposizione sempre più sfilacciata. Non solo perché la sinistra radicale è uscita dalla tornata elettorale senza più una rappresentanza parlamentare, ma anche per i continui tira e molla di Antonio Di Pietro che negli ultimi mesi non ha mai smesso di incalzare Veltroni.
Al Circo Massimo, invece, l’opposizione si è finalmente ritrovata unita, visto che seppure indetta dal Pd alla manifestazione hanno preso parte sia la sinistra radicale che l’Italia dei Valori. Un ragionamento, questo, che secondo il premier trova conferma soprattutto in un elemento: «Per manifestare contro il governo si sono aggrappati alla scuola solo all’ultimo momento. Ma a dimostrare che si tratta di opportunismo politico e di strumentalità c’è che la sinistra, con in testa l’Unità e la Repubblica, fece una guerra al governo contro il passaggio agli insegnanti plurimi nelle classi e oggi fa la stessa cosa per il ritorno al maestro unico». Quanto all’università, aggiunge il premier, «non si capisce come facciano a protestare se non abbiamo ancora detto “bah”». E come aveva fatto venerdì, Berlusconi torna a criticare AnnoZero che sulla scuola «ha raccontato menzogne incredibili e falsità ideologiche» perché «a differenza di quanto dicono certe trasmissioni le università sono piene, i professori tengono le lezioni e gli alunni le ascoltano».
Quella sulla scuola, dunque, è «una protesta solo politica» amplificata da giornali e tv e con l’abitudine di «moltiplicare sempre il numero delle presenze». E lo stesso politica è la piazza del Circo Massimo, perché in un momento di crisi internazionale «un’opposizione che vuole dare un contributo vero e vuole l’interesse del Paese si unisce a noi» e «nelle difficoltà vota dei provvedimenti che appronta assieme a noi». Ma questo in Italia «non è possibile», tanto che «scendono in piazza ora che dovremmo essere uniti». «Si illustrano da soli», chiosa il Cavaliere. Che pur fiero di aver dialogato «in modo costruttivo» durante il vertice Asem anche con Paesi che «si dichiarano orgogliosamente comunisti», sulla sinistra italiana non lesina critiche: «Invidio i socialdemocratici di altri Paesi, ma per ora è con questi che dobbiamo fare i conti... Dovrà passare una generazione prima di avere una sinistra democratica anche in Italia».
Infine, una replica a chi gli chiede che differenza ci sia tra la manifestazione del Circo Massimo e quella di piazza San Giovanni del 2 dicembre 2006: «Andammo in piazza perché eravamo disperati e nessuno ci stava ad ascoltare.

Per dire al governo che la pressione fiscale era insostenibile e per chiedere che fossero ricontate le schede elettorali. Allora non c’era nessuna divisione dei poteri e non sapevo a chi rivolgermi perché tutte le istituzioni erano dalla loro parte. Ma oggi non è affatto così».

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