Roma «È un assedio ad orologeria». È metà pomeriggio quando ad Arcore arriva la notizia della sentenza con cui il Tribunale di Milano dà ragione alla Cir di Carlo De Benedetti, condannando in primo grado la Fininvest a un risarcimento danni - immediatamente esecutivo - di 750 milioni di euro. E per Silvio Berlusconi la notizia è del tutto inattesa, nel merito e soprattutto nei tempi. Mentre a piazza del Popolo va in scena la manifestazione per la libertà di stampa voluta da Repubblica, infatti, nello stesso giorno il Tribunale di Milano decide di depositare la sentenza che dà ragione a quello che di Repubblica è l’editore, un pronunciamento che rischia di mettere in ginocchio la Fininvest. Circostanza, questa, sottolineata non a caso dal vicepresidente dei senatori del Pdl Francesco Casoli.
Che il Cavaliere non la prenda affatto bene è piuttosto scontato. Intanto - ripete in diverse telefonate che fa nel tardo pomeriggio - perché si tratta di una sentenza profondamente ingiusta e poi - ragiona con più interlocutori - perché a questo punto è difficile non vedere un timing perfetto negli avvenimenti degli ultimi mesi. E via a mettere in fila il processo Mills con il Noemigate, la querelle sui voli di Stato, le foto di Villa Certosa, il caso D’Addario e la campagna di Repubblica. Oggi - è il ragionamento di un Berlusconi di pessimo umore - si è passati alla fase due e nel giorno della manifestazione sulla libertà di stampa arriva una sentenza assolutamente inattesa. La convinzione del premier è una sola: dopo averci provato prima con la magistratura e poi con il gossip, ora sono arrivati ad attaccare le aziende e il patrimonio. E se è vero che la Fininvest ricorrerà in appello e che lo spazio per un ribaltamento della sentenza sembra esserci, una valutazione strettamente politica della tempistica del pronunciamento del Tribunale di Milano non può certo tranquillizzare Berlusconi. Lo dice chiaro la figlia Marina, presidente di Fininvest: «Non posso non rilevare che questa sentenza cade in un momento politico molto particolare e dà ragione ad un gruppo editoriale la cui linea di durissimo attacco al presidente del Consiglio, per non dire altro, è sotto gli occhi di tutti». Ma il ragionamento va oltre e il punto viene probabilmente affrontato nella lunga telefonata tra il premier e Niccolò Ghedini. Perché nella logica dell’assedio «a orologeria» è chiaro che la sentenza di Milano rischia di pesare anche sulla Corte costituzionale che la prossima settimana si pronuncerà sul Lodo Alfano. È, per dirla con le parole di un ministro molto vicino al Cavaliere, «una sorta di chiamata alle armi». Un segnale alla Consulta per invitarla a «completare il lavoro». Già, perché è chiaro che un’eventuale dichiarazione di incostituzionalità del lodo aprirebbe strade imprevedibili ed è soprattutto per questa ragione che il Cavaliere - forte della maggioranza parlamentare di Pdl e Lega - nel caso di sommovimenti pericolosi potrebbe decidere la via del voto anticipato.
La sentenza del Tribunale di Milano, insomma, segna in qualche modo il passo. E tanto era inattesa che fino a pochi minuti prima Berlusconi si occupava di organizzare la visita di questa mattina sui luoghi della tragedia di Messina («Voglio incontrare gli sfollati») e seguiva da Villa San Martino senza troppa preoccupazione la manifestazione di piazza del Popolo. Un po’ - era il suo ragionamento - perché era già tutto scritto da giorni e un po’ perché la percezione che ne hanno gli italiani è di una mobilitazione contro il Cavaliere e non certo a sostegno della libertà d’informazione. Considerazione, questa, avvalorata dalle ultime rilevazioni di Euromedia Research. «Tutta gente - spiega Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati del Pdl - caricata sui pullman dalla Cgil...».
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