Roma - Sono state prese. Le due giovani donne vestite di bianco, riprese dalle telecamere a circuito chiuso della fermata Termini della metropolitana di Roma mentre salivano le scale dopo avere infilzato con la punta di un ombrello Vanessa Russo, la ragazza che morirà ore dopo al Policlinico, sono state trovate dopo giorni di ricerca a Tolentino, in provincia di Macerata, mentre uscivano da un centro commerciale. E attorno ai loro polsi sono scattate quelle manette che una famiglia ammutolita dal dolore e un’intera città sconvolta da uno scatto di violenza assurda voleva vedere.
Si tratta di due prostitute romene: Doina Matei, 21 anni, quella che probabilmente ha materialmente colpito Vanessa, e una diciassettenne. Quest’ultima è stata affidata a una casa di accoglienza. È stata invece interrogata la più grande: ha raccontato di una lite per futili motivi e poi il colpo d’ombrello sferrato «inavvertitamente».
A riconoscere le due immigrate e a mettere i carabinieri sulle loro tracce è stata una donna che le ha viste mentre sbirciavano un quotidiano che parlava di loro all’edicola del supermercato. Ma gli inquirenti erano già sulle loro tracce in zona. Le due infatti già sabato erano state notate da alcuni clienti di una bar di Tolentino che però solo ieri, dopo che un telegiornale aveva trasmesso le immagini girate dalle telecamere a circuito chiuso della metropolitana romana, le avrebbero riconosciute come le donne ricercate da mezza Italia. Sono state intercettate nella periferia industriale Cisterna. I militari hanno bloccato loro e un loro amico, che le attendeva in auto. L’uomo, un operaio, è stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento: era una loro vecchia conoscenza. Le due infatti avevano lavorato nel Maceratese con «intrattenitrici» nei night e l’uomo le aveva frequentate all’epoca. Una conoscenza rivelatasi utile quando per le due si è trattato di far perdere le tracce. L’uomo le aveva ospitate in casa e nascoste. Ma nella zona di Tolentino Doina poteva contare anche sull’appoggio della madre.
Insomma, non una fuga alla cieca, ma un percorso logico in cerca di protezione. Un percorso mentale e fisico previsto dagli inquirenti, che è costato la cattura alle due donne. Che sarebbero giunte nelle Marche venerdì, il giorno dopo il ferimento, poi trasformatosi in assassinio, di Vanessa Russo. Ed erano probabilmente vicine a trasferirsi in un luogo più sicuro e forse meno prevedibile di una cittadina in cui molti le conoscevano. Non è escluso che le due fossero addirittura in procinto di espatriare per sfuggire al cerchio che stava stringendosi sempre più intorno a loro. Le due, infatti, a causa del loro lavoro e del loro passato, erano note alle forze dell’ordine. Si vendevano abitualmente sulla Tiburtina, alla periferia est della capitale. La squadra mobile di Roma, coordinata dal procuratore aggiunto Italo Ormanni e dal pm Sergio Colaiocco, ha setacciato l’ambiente delle prostituite della Tiburtina e l’identificazione e i nomi delle due fuggiasche sono stati completati. Punto di partenza delle indagini coordinate dal capo della Mobile, Alberto Intini, è stata proprio la stazione Rebibbia della metropolitana, dove Doina e la sua amica avevano preso il convoglio della metro che le portava a Termini. La stazione Rebibbia si trova infatti proprio sulla Tiburtina.
I filmati e le foto pubblicate sui giornali hanno reso la loro fuga ancora più disperata. Subito sono scattati gli interrogatori delle due donne e dell’uomo. Gli inquirenti non escludono che nelle ultime convulse ore altre persone abbiano coperto la fuga delle due presunte assassine.
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