Roma

La presenza dei militari infonde fiducia

Dopo due anni di operatività sul territorio, le pattuglie dell’esercito, che assieme alle forze dell’ordine contribuiscono a rendere Roma più sicura, ormai fanno parte integrante del panorama cittadino. «Molte zone della capitale - osserva Fabrizio Santori, presidente della commissione sicurezza del comune di Roma - grazie alla loro presenza hanno cominciato a respirare». È diventato normale vedere i nostri soldati davanti alle ambasciate, oppure, assieme a carabinieri o agenti della polizia di stato, presidiare le stazioni ferroviarie e della metropolitana per prevenire episodi di criminalità. I cittadini si rivolgono a loro non soltanto per chiedere aiuto in caso di borseggio, il reato più frequente, ma anche per avere delle semplici informazioni.
Che il concetto ispiratore del patto per Roma sicura funzioni lo confermano con soddisfazione gli stessi militari: «I cittadini - dicono - spesso ci sorridono e salutano senza chiederci nulla, si vede nel loro sguardo che la nostra presenza costituisce una sicurezza». Opinione più volte espressa dal sindaco Alemanno, che ha valutato «molto positivo il bilancio sulla presenza dell’esercito nella capitale che ha consentito di avere un minor numero di reati», in linea con quanto ribadito dal ministro della difesa Ignazio La Russa: «I militari fanno opera di deterrenza e prevenzione, dimostrando che lo Stato c’è, sono motivo di tranquillità». Operativamente sono impegnati 890 soldati, tra cui 20 donne, suddivisi in due gruppi tattici - ciascuno formato da cinque complessi forniti a rotazione anche da altri reparti dell’esercito - uno impegnato nella zona nord, l’altro in quella sud di Roma. È sostanzialmente il raggruppamento Lancieri di Montebello a operare congiuntamente alle forze di polizia. «Il livello di preparazione dei militari, tutti professionisti - spiega il tenente colonnello Elio Babbo, comandante del gruppo tattico “Pegaso” - è consolidato a seguito dei ripetuti impieghi non solo in queste operazioni, ma anche in missioni di pace all’estero». I militari agiscono con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e possono procedere all’identificazione e alla perquisizione di persone e mezzi di trasporto per prevenire comportamenti che mettano in pericolo l’incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi vigilati. «I turni cominciano dalle sette del mattino e terminano oltre la mezzanotte», fa presente l’ufficiale nel corso del nostro sopralluogo notturno nelle stazioni ferroviarie, cominciato allo scalo di Saxa Rubra,. Qui la situazione appare tranquilla, i militari percorrono instancabilmente l’area ferroviaria e l’enorme piazzale antistante l’ingresso della stazione. «Non sono rari i casi di liti improvvise fra extracomunitari - fa presente un caporal maggiore - apparentemente per futili motivi che invece possono rivelare la presenza di soggetti con decreto di espulsione». La tappa alla stazione di Tor di Quinto inevitabilmente richiama alla mente l’orrendo fatto di sangue di cui è stata teatro. Ora i lampioni illuminano quasi a giorno il vialetto d’accesso asfaltato, dove c’è la colonnina per l’sos. L’edificio è deserto: davanti solo l’autobus al capolinea la jeep dei militari. Il tour prosegue verso la stazione Tiburtina, nonostante l’ora tarda frequentata da numerosi viaggiatori. Qui una ragazza di 22 anni (caporale), fa presente che spesso scoppiano liti tra extracomunitari per accaparrarsi i pasti che la Caritas fornisce quotidianamente con un furgone. «I borseggi poi non sono rari - aggiunge un altro caporale che dice di conoscere anche l’arabo - ma riusciamo sempre a prenderli, basta correre un po’, siamo tutti giovani e addestrati».

Il giro nelle stazioni di Ponte Mammolo, Prima Porta, Labaro, Ponte delle Valli, La Storta continua all’insegna della presenza costante di quei ragazzi in tuta mimetica che infondono sicurezza a tutti.

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