Preside sgrida alunno, la madre la picchia

La violenza di un bimbo di quarta elementare fa intervenire la preside che convoca la madre del bambino nel suo studio. Che accade? Dopo una discussione tra le due donne, la madre del «Gianburrasca» picchia la preside. E’ accaduto ieri nelle aule dell’Istituto Sorelle Agazzi in piazza Gasparri. Il bimbo voleva sedersi al posto di una compagna che gli ha negato il permesso. L’alunno va su tutte le furie e non è la prima volta: rovescia banchi, lancia in aria libri e quaderni, prende a calci e pugni il muro. La maestra ricorre alla preside che a sua volta convoca la genitrice e il 118. Ora la direttrice dell’Istituto è a casa con un giorno di prognosi in seguito alla lite. Purtroppo il caso non è nuovo allo psichiatra Raffaele Morelli. Sull’infanzia che traduce la sua naturale aggressività in un’innaturale violenza cura la rivista Figli felici. I bimbi oggi non sono felici e sono sempre più violenti. Perché?
«I bambini trascendono in comportamenti nevrotici assorbiti in famiglia. Il genitore deve avere la forza di riassumere il perduto ruolo di autorevolezza. Il suo compito è di stare sempre dalla parte dell’autorità, perché solo in questo modo mette quei sani paletti che insegnano al bambino il senso del limite da non superare mai. Madri e padri devono ritornare ad essere più rigidi. Se un ragazzino vede la madre che picchia la preside pensa che quello sia il corretto comportamento da tenere di fronte a ogni ostacolo della vita e non va bene».
Insomma i «no» della vita esistono. La piccola compagna dell’alunno delle Agazzi ha detto: no, tu al mio posto non ci vieni. Ma se i «no» non vengono pronunciati in famiglia il bambino non li conosce e perde il senso della misura. «Come abbiamo perduto il senso del ruoli - continua Morelli -. In tanti campi ci troviamo di fronte a una società con i «ruoli cammuffati». La nevrosi di un neonato inizia da quando invece di sentire il tocco della madre, avverte quello del «mammo». Il maschio che fa il «mammo» è una sciocchezza fuori dalla natura. L’uomo non deve cambiare i pannolini, altrimenti infonde già confusione nell’emisfero emozionale del figlio che pretende di ascoltare il tocco femminile. Soprattutto, ricordiamolo: papà e mamma non sono amici dei figli. Sono padre e madre».
Ovvero sono adulti consapevoli quando il loro cucciolo va vezzeggiato e quando invece deve essere trattato con severità. Anche la severità di uno schiaffo? «Ho fatto un sondaggio sull’argomento. Risultato impressionante. Dopo uno schiaffo i genitori si sentono in colpa. La sberla non è in assoluto un modello educativo ma di fronte ai capricci ci sta.

Dobbiamo riprendere alcuni sani principi del modello educativo di una volta». E allora? «Allora non c’è peggior genitore di chi continua a chiedersi che cosa deve fare per essere un buon genitore. Il suo ruolo è di essere se stesso, perché sa quando punire e quando giocare».

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