Il presidente provocatore e l’arbitro complottista

di Franco Ordine

Adesso ci si mette anche quell’“attacca-brighe” di Giancarlo Abete, presidente della federcalcio. Non contento d’aver chiesto, qualche giorno fa, rispetto assoluto per la memoria di Giacinto Facchetti, chiamato in causa dalle intercettazioni inedite, provocando l’ira funesta del pelide Moratti, ieri è intervenuto a tutela dell’onore dell’assistente Stefano Ayroldi sospettato da Mourinho e dai guardiani del faro neroazzurro di aver commesso una gravissima infrazione. Quale? Ai titoli di coda di Fiorentina-Inter, finita 2 a 2, ha esultato come un calciatore qualunque, «e andiamo, andiamo!», parole accompagnate dal gesto dei pugni chiusi rivolti verso l’arbitro Bergonzi in collegamento con lui attraverso l’auricolare. E queste cose non si fanno, né si pensano, per carità. Se l’Inter pareggia e nei paraggi, scusate l’involontaria cacofonia, si ritrova Josè Mourinho bisogna fare la faccia di circostanza, magari farsi scendere una lacrimuccia sul viso oppure mettersi una striscia nera sulla divisa giallo canarino in segno di lutto.
Quel provocatore di Abete, pensate un po’, ieri è intervenuto personalmente per difendere il pugliese Ayroldi, che da buon barese non tiene al Foggia ma al Milan (a Bari tutti tengono al Milan, nessuno all’Inter o alla Juve, per carità, ndr) segnalando che quel gesto di esultanza era dovuto alla soddisfazione per la prestazione della terna, uscita indenne da Firenze, perfette le segnalazioni anche dei due assistenti, Calcagno e Ayroldi, la coppia del mondiale, sui gol di Keirrison ed Eto’o. Via, non si fa così. Il complotto c’è ed è confermato anche dalla Torino bianconera. Scusate ma come si può negare il collegamento tra la gomitata inferta da Camoranesi al cagliaritano Daniele Conti, la prova tv invocata da Palazzi e la decisione del giudice di soprassedere perché l’arbitro Valeri, interpellato telefonicamente, ha garantito di aver considerato l’azione «un normale contatto di gioco»? Se si tiene conto del fatto che Valeri è arbitro sì ma romano, e magari sotto sotto tifoso della “maggica”, lo scenario è bello e pronto e nessuno avrà il coraggio di smentirlo. Valeri ha voluto conservare Camoranesi a Zac per vederlo in campo venerdì sera contro l’Inter, a San Siro: è banale, no?
Dopo Abete il provocatore e Valeri il fiancheggiatore (di Ranieri), mancava il classico terzo indizio, decisivo per raggiungere la prova regina. Eccolo: Orsato non ha concesso il rigore sacrosanto al Milan perché sapeva che Galliani aveva lasciato la tribuna d’onore, in polemica con i fischi dell’intervallo. «È andato via, non se la prenderà» deve aver pensato mentre Mascara borseggiava Borriello.

Altrimenti di rigori ne fischiava due, magari anche uno su Ronaldinho, tanto per avvelenare il pomeriggio a quel santo uomo di Lele Oriali, dirigente senza macchia (cosa volete che sia il processo per il passaporto falso) e senza paura.
P.S. Scherzavamo, naturalmente.

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