da Pechino
Le pressioni esercitate dalla Cina su Pyongyang per convincerla a fare un passo indietro dopo il test atomico del 9 ottobre sembrano ottenere i primi risultati: secondo fonti diplomatiche cinesi citate dai media sudcoreani, il leader nordcoreano Kim Jong Il avrebbe infatti «promesso» all'inviato del presidente cinese Hu Jintao che almeno per il momento non si farà un secondo test nucleare. Esperti e servizi d'informazione occidentali hanno invece sostenuto nei giorni scorsi che nuovi test atomici e missilistici sono estremamente probabili. L'inviato del presidente cinese, Tang Jiaxuan, che giovedì è stato ricevuto dall'enigmatico Kim, ha detto accogliendo a Pechino il segretario di Stato americano Condoleezza Rice che il suo viaggio a Pyongyang «non è stato inutile». E dopo il loro incontro di ieri, la Rice e il presidente cinese Hu Jintao hanno detto di essere concordi nel voler continuare a esercitare pressioni comuni su Kim Jong Il e nel puntare sulla diplomazia.
Ma la stampa internazionale e alcuni giornali cinesi sostengono che Pechino è pronta a usare la vera arma che ha nelle mani per piegare la resistenza di Kim: vale a dire il taglio delle forniture di petrolio e gas. I dati, circondati da un segreto militare mantenuto con una rigidezza maniacale, non sono disponibili, ma gli esperti ritengono che circa l'80 per cento dell'energia consumata in Corea del Nord venga fornita dalla Cina a prezzi di ampio favore.
Il ministro degli esteri Li Zhaoxing ha detto ai giornalisti che l'incontro di ieri tra Tang e il leader nordcoreano è servito a «migliorare la comprensione reciproca» e che si è parlato «di come fare per riprendere i colloqui a sei». Le discussioni tra le due Coree, la Cina, gli Usa, il Giappone e la Russia sono sospese da un anno, cioè da quando Washington ha imposto delle severe misure restrittive ai movimenti bancari di alcune imprese legate al gruppo dirigente nordcoreano. Secondo altre indiscrezioni riportate dalla stampa sudcoreana, Kim si sarebbe dichiarato pronto a tornare alle trattative in cambio della sospensione delle sanzioni finanziarie. Che sia vero o meno, la Rice ha escluso che questo possa avvenire, affermando che le sanzioni finanziarie, alle quali si sono aggiunte quelle decise sabato scorso dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, resteranno in vigore.
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