Previti arringa il Parlamento «Io non voglio favoritismi»

L’ex ministro rifiuta gli eventuali benefici della nuova legge «La mia innocenza deve essere riconosciuta nel merito»

Adalberto Signore

da Roma

«Parafrasando Shakespeare, non sono qui per fare l’elogio di Cesare, ma per seppellirlo». Mancano pochi minuti a mezzogiorno quando Cesare Previti prende la parola nell’aula della Camera. Dai banchi dell’opposizione si alza un vociare di sottofondo e arriva pure qualche battuta polemica indirizzata all’ex ministro della Difesa. «L’angioletto», è l’appellativo che gli rifila un deputato del centrosinistra. Previti, però, non si scompone, perché «anche per chi ha avuto questa simpatica e cristianissima battuta sono disponibile a dare tutte le spiegazioni del caso», e va avanti a leggere il suo intervento. «Dieci minuti per fare la scaletta e mezz’ora per scriverlo», racconta più tardi. «Vede - aggiunge con un sorriso - ho grande fiducia nel mio autocontrollo ma ho preferito leggerlo piuttosto che andare a braccio».
L’ex ministro punta il dito contro la «vergognosa campagna d’odio orchestrata» contro di lui. Il tono della voce è pacato ma deciso, e pure quando affronta i passaggi più duri resta sempre garbato. «Il mio nome e il mio cognome - dice senza esitazioni - li porto in giro per l’Italia e per il mondo con fermezza e orgoglio. Lo stesso orgoglio - aggiunge - di chi si sta tenacemente confrontando da nove anni con una persecuzione politica certificata persino da questa Assemblea, quando i numeri parlamentari sorridevano al centrosinistra. Con una differenza di 111 voti, e noi eravamo minoranza, la Camera non solo ha sancito ma ha addirittura enfatizzato la persecuzione politico-giudiziaria di cui ero fatto oggetto». Dai gruppi di Forza Italia e An partono i primi applausi, dai banchi dell’Unione ancora proteste. «Vai dal giudice», gli urla contro il ds Eugenio Duca beccandosi un rimbrotto del suo collega di partito Fabio Mussi che presiede la seduta. Il vociare si fa più forte, Duca replica finché pure Piero Fassino gli gesticola di stare zitto. «Posso, presidente?», chiede con pizzico d’ironia Previti. E riprende a parlare, sempre senza esitazioni.
Critica duramente Stefania Ariosto, «una cosiddetta teste che nove anni fa venne imbeccata per gettare fango sul mio nome», e ricorda il processo in corso contro di lei a Milano. «Solo qualche giorno fa - spiega - di fronte alla prospettiva di una condanna per calunnia questa teste ha ammesso ciò che io dico fin dall’inizio di questa penosa vicenda: è stata eterodiretta per portare avanti per conto terzi la sua menzogna». Insomma, «in una situazione di normalità giudiziaria basterebbero queste pur tardive ammissioni per dichiarare conclusi i miei processi». Altri battibecchi, questa volta tra Rosy Bindi e Ignazio La Russa. Previti non si scompone e lancia il suo affondo: «Comunque vada, io non ho bisogno della legge sulla prescrizione, non la voglio per me, non voglio venga accostata al mio nome». «Ritengo l’ex Cirielli una buona legge - dice - un provvedimento che interessa migliaia di cittadini e che interviene per riparare agli enormi guasti provocati dalla discrezionalità del giudice nel determinare i tempi della prescrizione. Ma poiché avrebbe potuto riguardare anche me, una legge giusta e doverosa si è trasformata nella peggiore delle leggi possibili. Per evitare strumentalizzazioni, l’Udc, e di questo ne sono grato, ha presentato un emendamento che, di fatto, mi esclude dai possibili effetti del provvedimento». Ma - aggiunge - è «un paradosso» perché «una legge ad personam» viene «trasformata in una legge contram personam unam».
L’esponente azzurro va oltre e, «per evitare i residui dubbi», chiede che Forza Italia presenti un altro emendamento per eliminare la norma che prevede «gli arresti domiciliari e non il carcere per gli ultrasettantenni perché nessuno si azzardi anche solo a sospettare che Cesare Previti si sia venduto per poter scontare la possibile condanna ai domiciliari». «Lo ripeto: sono certo che la mia innocenza sarà riconosciuta nel merito», conclude tra gli applausi di tutta la Casa delle libertà.

Che vanno avanti a lungo, mentre davanti a Previti si presentano una lunghissima schiera di colleghi, soprattutto di Forza Italia e An, pronti a complimentarsi chi con una pacca sulle spalle e chi con un abbraccio. «Ho solo detto quello che sentivo», spiegherà più tardi Previti. «E con la massima serenità. Perché chi è in pace con se stesso, qualche volta può perdere la calma ma mai la serenità».

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