Previti forse già domani agli arresti domiciliari

Vestito in jeans e camicia, ha incontrato i parenti e scambiato battute con le guardie carcerarie

Stefano Zurlo

da Milano

La prima notte non vuol passare. Cesare Previti si addormenta solo alle 4 del mattino, complice la lettura della Storia di Roma di Indro Montanelli. Carcere di Rebibbia, reparto G6, definito di transito, cella singola, giornali e tv a fargli compagnia. Per ora la vita dell’avvocato è dentro questo perimetro. Meno di dieci metri quadrati: un letto, i sanitari, uno sgabello, il tavolino su cui è poggiata la tv. E segue il ritmo imposto dal luogo: visite mediche, accertamenti radiologici, l’esistenza quotidiana scandita come un metronomo dalle tante esigenze e dai tanti adempimenti del carcere.
Unica differenza, rispetto agli altri detenuti, è la processione di politici che sfilano per un saluto. Previti indossa nel suo secondo giorno di permanenza a Rebibbia jeans e camicia azzurra; soprattutto è di buon umore, scambia qualche battuta con una guardia. E s’intrattiene con i parenti, giunti per il primo colloquio mensile.
Gli avvocati però non perdono tempo e presentano a tambur battente alla cancelleria del tribunale di sorveglianza ben due istanze per agguantare i benefici della legge ex Cirielli. La prima è quella canonica, l’altra è definita «istanza di applicazione provvisoria» della detenzione domiciliare. Insomma, si accelera per centrare un solo obiettivo: riportare Previti a casa prima possibile. E fargli scontare la pena nella sua residenza.
«Ci aspettiamo - spiega l’avvocato Alessandro Sammarco - una decisione positiva sia del tribunale di sorveglianza, sia del magistrato di sorveglianza sulla base dell’articolo 40 ter della ex Cirielli che prevede la detenzione ai domiciliari per chi ha superato i 70 anni». Si spera in una risposta in tempi rapidissimi, forse già domani o martedì. In ogni caso in una manciata di giorni.
Dopo undici anni di indagini, processi fra loro intrecciati e polemiche che hanno aperto crepe profonde nel Paese, il verdetto viene applicato in un amen. Dopo Cesare Previti e Attilio Pacifico, rinchiuso al G12 e già sottoposto allo screening medico, anche Giovanni Acampora entra a Rebibbia, nella serata di venerdì. E pure lui prova a rincorrere una soluzione più soft. Senza inseguirla alla casella anagrafica. Per lui la finestra d’attesa sarà più lunga: 48 giorni. Il tempo necessario per far scendere la pena ancora da scontare sotto il tetto dei tre anni e poter quindi chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. «Acampora - è il parere di Carlo Taormina - è stato condannato a 3 anni e 8 mesi, ha già scontato alcuni mesi a suo tempo nel periodo della carcerazione preventiva, faremo trascorrere questi 48 giorni, poi prenderemo l’iniziativa». Per chiedere un trattamento diverso. «Acampora è sereno, forte, anche se amareggiato», afferma il suo difensore Dario Andreoli.
Più critica, invece, la situazione di Vittorio Metta, il magistrato condannato a sei anni come Previti e Pacifico. Metta, dopo l’assoluzione di Renato Squillante, si trova in una posizione scomodissima: è l’unico giudice, finora, a un passo dal carcere. Per ora è piantonato in un ospedale del centro di Roma dove era stato ricoverato poco prima della sentenza per problemi di cuore. In clinica gli è arrivata la mazzata del verdetto che ha chiuso i giochi, lì si presentano anche gli agenti per impedire improbabili fughe. Metta, magistrato della Corte d’appello di Roma, è di fatto la sola toga corrotta, a sentire la Cassazione, nella lunghissima storia di Imi-Sir. Non solo. La Suprema Corte, nell’annullare le assoluzioni per il Lodo Mondadori, punta il dito contro di lui anche per la guerra di Segrate. Metta era infatti il relatore nel collegio che capovolse il Lodo e di fatto consegnò la Mondadori a Silvio Berlusconi. Ma questa vicenda verrà analizzata, per la quarta volta, a Milano nei prossimi mesi.
Per ora, il magistrato ha altre priorità: finirà in cella? Fra l’altro, Metta non può chiamare in soccorso, almeno per ora, la ex Cirielli, ma dovrà aspettare il 30 agosto quando arriverà al settantesimo compleanno. I suoi legali annunciano comunque, al pari degli altri, istanze su istanze.

Per ora però sono Previti e Pacifico a sperare in concreto in un domani meno pesante. Anche i difensori dell’ultrasettantenne Pacifico chiedono la concessione della detenzione domiciliare. E cominciano a contare i giorni.

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