Primi rimpatri e permessi di soggiorno per 25mila

RomaIl Consiglio dei ministri ha approvato il decreto sui permessi di soggiorno temporanei di sei mesi per i venticinquemila nordafricani - di cui oltre 23mila tunisini - arrivati in Italia dall’inizio dell’anno. È la partita di scambio con Tunisi, il punto di partenza per una collaborazione sui rimpatri. Un accordo che sta dando i primi piccoli frutti: ieri un elicottero con a bordo 30 tunisini è partito da Lampedusa alla volta di Tunisi. E’ il primo rimpatrio dalla firma dell’intesa.
Gli immigrati sbarcati a Lampedusa in questi quattro mesi verranno tutti identificati e saranno avviate le procedure per il controllo di eventuali precedenti penali di ognuno. «I cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa», come si legge nel decreto, arrivati in Italia dall’1 gennaio al 5 aprile «sono inviati, se necessario, presso tutte le strutture di primo soccorso individuate e realizzate sul territorio nazionale». Ma il permesso di soggiorno «per motivi umanitari» tecnicamente non può essere sufficiente perché i tunisini siano liberi di circolare senza ostacoli per l’Europa.
Ogni Paese fissa le quote limite di immigrati che annualmente fa entrare nei propri confini. Una nazione membro dell’Unione europea può quindi opporre il raggiungimento della propria quota massima. L’immigrato «schedato» dall’Italia può fare accesso in un altro Paese dell’Ue, ma soltanto per tre mesi, e deve dimostrare di avere risorse sufficienti. I tunisini giunti a Lampedusa difficilmente potranno provare di poter vivere tre mesi all’estero senza lavoro, e comunque su questo punto alcune Nazioni, come la Francia, potranno essere intransigenti. In assenza evidente di una solidarietà tra Paesi vicini, Roma non potrà fare in modo di dividere la presenza tunisina con il resto d’Europa. Quello a cui si può puntare è «l’utilizzo dei fondi comunitari destinati dalla banca europea per gli investimenti alla Tunisia», spiega Salvatore D’Alesio, professore di diritto e finanza comunitaria all’università di Bari. Si tratta di «260 milioni di euro per lo sviluppo della piccola e media impresa» con una prospettiva di aiuti fino a un miliardo. La trattativa forte, insomma, va condotta con la Tunisia più che con l’Europa, proprio con quei fondi comunitari per ora fermi: «Per motivi di stagnazione europea non è stata applicata la politica di sviluppo per i Paesi del Maghreb». L’Italia potrebbe puntare a un accordo con Parigi, per rilanciare insieme l’economia tunisina in modo da fermare l’immigrazione.
Sarebbe inoltre necessaria una «Bossi Fini europea», una legge che colmi i vuoti legislativi, di cui «il ministro Frattini potrebbe farsi promotore». Il principio della libera circolazione di merci, persone, servizi e capitale, alla base del trattato di Schengen, è applicato agli immigrati che hanno un visto di soggiorno in un Paese membro con fortissime limitazioni. Qualora la polizia francese fermasse un cittadino tunisino con visto italiano, poi, potrebbe riconsegnarlo all’Italia, senza rimpatriarlo in Tunisia.

L’Italia potrebbe stipulare un accordo con ogni Paese per l’assorbimento temporaneo di una quota dei ventimila, ma è quasi impossibile che un’altra nazione dell’Ue accetti. Il rischio, adesso, è poi che nessun immigrato tunisino voglia valicare la frontiera italiana, sapendo che qualsiasi Stato europeo lo rimanderebbe indietro. EFo

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