da Milano
«Uccidevano per riempire il vuoto pneumatico delle loro esistenze e fare del male per ottenere linvincibilità era la loro ossessione»: con queste parole il sostituto procuratore generale, Paola Capobianco, ha interpretato, nel corso della sua requisitoria, le ragioni dellanima che avrebbero spinto i quattro imputati nel processo davanti alla seconda Corte dAssise di Milano a macchiarsi dei delitti attribuiti alle cosiddette «Bestie di Santana».
Nei confronti dei cinque imputati, il magistrato ha chiesto pene diverse rispetto a quelle loro inflitte in primo grado dal Tribunale di Busto Arsizio: doppio ergastolo a Nicola Sapone, (lunico per cui la condanna sollecitata è rimasta invariata rispetto al primo grado); 23 anni per Elisabetta Ballarin (24 anni e 3 mesi era la pena in primo grado); ergastolo per Eros Monterosso (24 anni), Marco Zampollo e Paolo Leoni (26 anni). Agli imputati sono contestati due tentati omicidi, il duplice omicidio di Fabio Marino e Chiara Tollis (del quale lesecutore materiale sarebbe stato Sapone, mentre avrebbero dato il concorso morale Monterosso, Zampollo e Leoni), lomicidio di Mariangela Pezzotta (gli accusati sono Ballarin e Sapone) e linduzione al suicidio di Andrea Bontade (solo Sapone).
Secondo la ricostruzione del pg, gli imputati avrebbero fatto parte di un gruppo in cui vigevano due principi cardine: «la solidarietà» e «lomerta»: la prima necessaria per compattare gli intenti criminali, la seconda che, a detta della Capobianco, spiega il concorso morale di chi non partecipò allesecuzione materiale dei delitti.
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