Il processo di Linate riparte dalle 4 condanne

Claudio De Carli

Questa mattina alle 9 presso il tribunale di Milano, IV sessione, 1° piano corridoio centrale, inizia il processo di appello per la strage dell’8 ottobre 2001 nell’aeroporto di Linate.
Quella mattina un Cessna Citation e un aereo di linea Sas entrarono in collisione in pista alle otto del primo giorno di nebbia a Milano. L’incidente più grave dell’aviazione civile italiana causò 118 morti, tutti i membri dell’equipaggio, i passeggeri, e due dipendenti che lavoravano all’interno del toboga per lo smistamento bagagli nel quale il Sas va a schiantarsi dividendosi in tre tronconi. Un terzo dipendente, Pasquale Padovano, sopravvive miracolosamente a fronte di pluriustioni che interessano più del 90 per cento del suo corpo.
Dopo quel giorno il problema della sicurezza aeroportuale non è più stato trattato allo stesso modo. La data dell’8 ottobre ha il significato di spartiacque fra un periodo che, rivedendolo ora, si potrebbe definire oscuro, e un secondo, l’attuale, dove le misure per evitare nuove tragedie di questo tipo stanno sollevando continue polemiche ma hanno sicuramente alzato i livelli di attenzione e la qualità dei professionisti che operano negli scali.
Linate non aveva un radar di terra, le segnalazioni visive e le scritte a terra erano carenti, così come quelle acustiche. Alcune barre antintrusione che dovevano segnalare la presenza non autorizzata in pista di mezzi, erano state disattivate. Come quella sul raccordo R6 che il Cessna imbocca erroneamente fino a tagliare la rincorsa del Sas in fase di decollo. Non sono voci, sono le conclusioni a cui è giunto il processo di primo grado. E non è neppure questo, è la storia successiva di Linate a confermarlo: tutto riscritto, tutto riverniciato, cambiati addirittura i nomi dei raccordi, soprattutto è arrivato in torre un radar di terra per i movimenti in pista. Che funziona.
Poche ore dopo lo scontro il pm Celestina Gravina apre un’inchiesta per omicidio colposo plurimo e disastro aereo colposo. Gli indagati sono diciannove, otto escono prima che inizino i procedimenti, fra loro il presidente Sea Giorgio Fossa. L’indagine dura un anno e mezzo al termine del quale il pm chiede il rinvio a giudizio per undici persone, sono tutti funzionari o dirigenti delle due massime autorità, Enac ed Enav, oltre a dipendenti Sea, il gestore aeroportuale dello scalo. Il processo inizia nel marzo del 2003. L’8 marzo il pm Celestina Gravina termina la requisitoria chiedendo la condanna a 3 anni e 10 mesi per il controllore di volo Paolo Zacchetti, e 8 anni per l’amministratore delegato Enav Sandro Gualano, il direttore Enav di Linate Vincenzo Fusco e il responsabile Enac di Milano Francesco Federico. Gli altri sette chiedono il rito abbreviato che viene prima negato e poi concesso. Sono Fabio Marzocca direttore generale Enav, Santinio Ciarniello responsabile dei servizi traffico, Sandro Gasparrini responsabile delle operazioni al terminale, Nazareno Patrizi responsabile della gestione regionale e Raffaele Perrone responsabile dei controllori di volo in torre, tutti dipendenti Enav.

Ci sono poi due funzionari Sea, Antonio Cavanna e Giovanni Grechi.
Il processo di primo grado, lo scorso marzo, emette queste sentenze: otto anni a Zacchetti e Fusco, sei anni e mezzo a Gualano e Federico. Una sentenza che aggiunse tragedia alla tragedia e da oggi si replica.

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