Al via il processo a Lucidi «Vogliamo solo giustizia»

Al via il processo a Lucidi «Vogliamo solo giustizia»

Voleva guardare negli occhi l’uomo che le ha ucciso il figlio, cercare in lui una qualche traccia di umanità: «Voglio vedere se riflettono il rispetto per la vita e il dolore o solo quello che ha fatto». Ma l’incontro tra Angela Rizzo con il pirata della strada che il 22 maggio scorso, all’incrocio tra viale Regina Margherita e via Nomentana, investì e uccise suo figlio Alessio e la fidanzata Flaminia, che viaggiavano in scooter, non c’è stato. Rinviato alla prossima volta. Stefano Lucidi ieri non era in Tribunale. È rimasto in carcere, dove è rinchiuso da quando ha stroncato due giovani vite con una condotta a dir poco scellerata, guidando senza patente e attraversando il semaforo rosso di una strada urbana a folle velocità per poi fuggire via senza provare ad aiutare le due vittime. «Gli vorrei chiedere se è diventato un uomo e se sa cosa significhi essere un uomo», dice la mamma di Alessio davanti all’aula del gup Marina Finiti dove si tiene la prima udienza del processo contro Lucidi, 35 anni, che ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato. Il pm Carlo Lasperanza ha chiesto il suo rinvio a giudizio per duplice omicidio volontario, seppure sotto il profilo del dolo eventuale, per omissione di soccorso con l’aggravante della guida senza patente e del passaggio a un semaforo rosso ad alta velocità. In aula si sbrigano le formalità di rito, poi il giudice decide sulla costituzione delle parti civili: insieme alle famiglie di Alessio Giuliani e Flaminia Giordani viene accettata quella dell’associazione dei parenti delle vittime della strada. Rimangono fuori il Comune di Roma e l’Università La Sapienza, che pure aveva provato a costituirsi perché si ritiene danneggiata dalla perdita di due brillanti studenti di Economia e Commercio. Alla mamma di Flaminia («sono una mamma a pezzi», dice) non interessa sapere quale sarà la sentenza: «Vogliamo, però, che questa volta la giustizia dia un segno di rispetto della società e della vita umana. Perché sono certa che anche la gente se lo aspetta. Tutte le mamme se lo aspettano, mamme che ora sono in pensiero quando vedono uscire i loro figli e non sanno se torneranno». Loro, intanto, i genitori dei due ragazzi uccisi, sono un esempio per tutti di grande dignità. Non vogliono vendetta, non urlano, non imprecano. Angela Rizzo, la madre di Alessio, spera «in una conclusione di giustizia e di verità». «Lo speriamo noi genitori che siamo qui - dice - i nostri figli in terra e quelli che stanno in cielo». La signora Angela ha parole di ringraziamento per tutti: per il Comune, per la Regione, per come i giornali hanno seguito la vicenda. Ricorda la solidarietà arrivata anche dagli sconosciuti: «Ho ricevuto una lettera da una mamma di Acireale che mi chiedeva il permesso di poter essere vicina al nostro dolore con la preghiera e il pianto». L’avvocato di parte civile Francesco Caroleo Grimaldi riassume in poche parole lo stato d’animo di queste famiglie: «Non sono soltanto addolorate, ma finite. Distrutte». A dargli un po’ di forza è stata la creazione di un’associazione («I bambini di Flami&Ale»): «Assisterà l’infanzia disagiata dal punto di vista formativo, sanitario e sociale - spiega Teresa, la mamma di Flaminia - aiuterà gli orfani della strada e quei bambini che hanno difficoltà economiche. I nostri ragazzi avevano una passione straordinaria per i bambini. La cosa più bella che possiamo fare per loro è questa associazione a cui andranno i soldi dell’eventuale risarcimento». Anche per il papà di Flaminia non è importante la condanna dell’imputato. «Anche perché mia figlia non me la ridarà nessuno. Ma vorrei che le leggi fossero più severe».
«Bene che il pm abbia configurato l’omicidio volontario - osserva l’avvocato Caroleo Grimaldi - ma non condivido che sia ipotizzato sotto il profilo del dolo eventuale».

Per il legale, insomma, non è stato un semplice incidente stradale, come dimostrerebbe una consulenza tecnica. Per Basilio Fiore, difensore dell’imputato, invece, quella di Lucidi è stata soltanto una «grave imprudenza».

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