Stefano Zurlo
da Milano
Il processo Sme per Silvio Berlusconi finisce qui. Non si farà lappello, richiesto a gran voce dalla Procura generale di Milano. La legge Pecorella, quella che ha abolito il secondo grado in caso di assoluzione dellimputato, ha passato lesame della corte dappello di Milano. Per i giudici di Milano «la limitazione del potere di proposizione dellappello rientra nelle scelte discrezionali del legislatore». Partita chiusa, dunque.
«Questa decisione - commenta Gaetano Pecorella, padre della discussa legge e legale del premier - dimostra due cose: che non esistono solo giudici a Berlino ma anche a Milano e che la mia legge non è incostituzionale e ciò significa che è stata fatta nellinteresse di tutti e non solo di qualcuno, come si voleva far credere».
Il sostituto procuratore generale Pietro De Petris aveva attaccato la norma sostenendo che la nuova legge discrimina laccusa, che non può fare ricorso contro unassoluzione e privilegia la difesa. La corte dappello risponde per le rime a De Petris: la Procura generale ha «una singolare concezione della figura del pm come parte ontologicamente antagonista e simmetrica della difesa e non già come organo di giustizia per sua natura soggetto a doveri di correttezza e di indifferenza al risultato». Insomma, il fatto che accusa e difesa siano sullo stesso piano in aula, nel momento in cui si forma la prova, non significa che le due figure siano sovrapponibili. «Pubblici ministeri e avvocati - prosegue Pecorella - non hanno gli stessi poteri e doveri, mi pare ovvio: altrimenti noi penalisti dovremmo avere, per esempio, a nostra disposizione la polizia giudiziaria». La legge Pecorella non tocca dunque il duello che si svolge sotto locchio del giudice in udienza e per questo leccezione di illegittimità costituzionale è stata respinta. Le carte non traslocheranno a Roma e non saranno esaminate dalla Consulta.
Togliere chance al Pm in appello è una scelta del legislatore. «Se il legislatore - scrivono i giudici - intende che a fronte di una sentenza assolutoria di primo grado debba prevalere linteresse generale alla rapida definizione del processo e alla incontrovertibilità del giudizio favorevole allimputato, ebbene tale volontà, discutibile o no che sia sul piano della politica giudiziaria, non può reputarsi giuridicamente lesiva della posizione».
In realtà, il caso Sme avrà una coda in appello ma al dibattimento non parteciperà il Pm. Il protagonista sarà la parte civile Cir di Carlo De Benedetti che potrà coltivare il suo ricorso per ottenere un risarcimento. ««Il legislatore - è il parere dei giudici - è riuscito anche tecnicamente a manifestare lintento di assicurare una tutela privilegiata e differenziata alla parte civile altrimenti pregiudicata dallaccertamento penale». Ma, in ogni caso, non ci saranno pene né condanne. «La questione Cir è priva di vita - ribatte Pecorella - nasce morta essendoci già state tre sentenze assolutorie, una nel filone in cui era imputato da solo Silvio Berlusconi e le altre due in quello principale».
Per il Cavaliere non ci sarà il secondo tempo: resta lassoluzione sulla vicenda Sme, scoperchiata a suo tempo dai Pm Gherardo Colombo e Ilda Boccassini, e la prescrizione, per la concessione delle attenuanti generiche, a proposito dei 434mila dollari transitati dai conti di Cesare Previti a quelli del giudice Renato Squillante. Semmai, le parti potranno sollevare obiezioni in Cassazione, ma queste riguarderanno solo le questioni di legittimità e non il merito della storia.
La legge Pecorella, in ogni caso, è salva.
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