Prodi gongola: Bush sconfitto dall’Irak

Vuole alzare i salari minimi, diminuire i medicinali per i pensionati e lasciare l’Irak

da Roma

«Fondamentalmente», dice Romano Prodi, Bush ha perso «per colpa della guerra in Irak, anche se c’è stato qualche problema interno». E fondamentalmente, sostiene il premier, adesso le cose andranno meglio: «Non ci sarà un cambiamento di rapporti, ma il proseguimento di un’evoluzione che c’è già stata negli ultimi tempi, cioè minori attriti e maggiore intesa con l’Europa. Ora il presidente dovrà trattare tutto con l’opposizione». Quanto alle relazioni Italia-Usa, giura il Professore, quelle sono già ottime: «Negli ultimi mesi abbiamo iniziato una forte collaborazione. Il caso del Libano è molto significativo, perchè la missione è stata robustamente appoggiata dagli Stati Uniti». E l’uscita di scena di Rumsfeld, «accentuerà il nuovo orientamento».
Fondamentalmente, l’Unione esulta: la rivincita del Molise stavolta è passata infatti per il Montana. Bush sconfitto, Rumsfeld dimissionario. «È la democrazia, bellezza - commenta Massimo D’Alema -. Il trionfo dei democratici alla Camera e al Senato rappresenta un terremoto che va al di là del previsto e che indica la necessità di un cambiamento di rotta». Basta con l’unilateralismo, dice il ministro degli Esteri: «Il segnale che viene dagli Usa è che è finito un ciclo. La sconfitta del sistema della guerra preventiva è stata sancita dall’opinione pubblica americana. Ora l’Europa avrà una grande occasione, ma anche una grande responsabilità. Ma attenzione, i due anni che abbiamo di fronte sono densi di appuntamenti cruciali. Abbiamo bisogno di scelte coraggiose e, per quanto noi europei possiamo darci da fare, senza l’impegno di Washington sarà difficile riuscire ad accelerare il processo di pace in Medio Oriente».
«Felice» per «la risposta positiva» anche Francesco Rutelli: «Bush ha sbagliato in Irak e la gente lo ha capito». Anche Piero Fassino pensa che è per Bagdad che i repubblicani hanno perso le elezioni. «Il cambio di maggioranza avrà ora un’influenza nella vita politica mondiale. Occorre tornare a pensare che i problemi del mondo non li può risolvere un Paese da solo, anche se è il più potente». Fausto Bertinotti parla di «fallimento» della politica di Bush e di «rilancio del tema della pace». Quanto all’abbandono di Rumsfeld, per il presidente della Camera «questa è una buona notizia».
Ma nel centrosinistra c’è pure qualche voce in controtendenza. Come quella di Antonio Polito, senatore della Margherita, che invita a una lettura più profonda: «Il successo dei candidati centristi o neo-dem deve insegnare qualcosa ai riformisti italiani, troppo timidi nel delineare la loro politica e nel distinguerla dalla sinistra radicale». O quella di Daniele Capezzone: «L’Unione dovrebbe occuparsi un po’ meno della Virginia e un po’ più di Campobasso».
Più caute le reazioni del centrodestra. Secondo Silvio Berlusconi, che nei prossimi giorni telefonerà al presidente Usa, «Bush ha pagato i suoi sforzi in Irak, ma noi continuiamo ad essere grati a lui e al suo popolo per l’alto prezzo di vite pagato nella lotta al terrorismo». Nei cittadini americani, prosegue il Cavaliere, «c’è un’evidente stanchezza» e del resto «le elezioni di medio termine tendono sempre a colpire chi ha governato». Per Gianfranco Fini questo comunque non è stato un voto contro la politica estera statunitense: «L’avanzata dei democratici era prevista e non c’è stata quella valanga che qualcuno pensava. E Washington si rende conto che la situazione irachena è grave. Casa Bianca e Dipartimento di Stato stanno già studiando l’exit-strategy».
E secondo Pierferdinando Casini «gli americani hanno messo al bando gli estremismi».

Il voto, sostiene, «dimostra la stabilità di un sistema che ha un minimo comun denominatore di valori condivisi e che registra una grande corsa al centro, come accadrà anche da noi: d’altronde è il centro che fa vincere le elezioni».

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