Fabrizio Ravoni
da Roma
La scintilla è stato un protocollo con la Regione Friuli Venezia Giulia. Romano Prodi è in tensione da giorni. Il premier si rende conto di essere sempre più solo dentro la sua maggioranza. Prima Telecom, poi la Finanziaria: fra i colleghi di governo e «amici» della coalizione sembra sia partita una gara a chi prende le distanze dal premier.
E a Palazzo Chigi risuona come una sentenza il paragone che sempre più spesso si fa tra il governo Prodi e quello De Mita dell89. Con Rutelli nei panni di Craxi sul Tfr. E Montezemolo in quelle di Sergio Pininfarina sulla Finanziaria. «Si può sbagliare anche allunanimità», disse Craxi nell89 sullaumento dei ticket ospedalieri. Loperazione sul Tfr è da rivedere, ripete Rutelli a distanza di 17 anni. E gli industriali... «La Finanziaria merita un quattro», disse Pininfarina nell89. «Lintervento sul Tfr è un provvedimento ingiusto e inutile», commenta ora pubblicamente Montezemolo dopo averlo detto in riservata sede sia al presidente del Consiglio, sia al ministro dellEconomia, Padoa Schioppa.
Per completare il parallelismo fra il governo Prodi e quello De Mita, manca un Paolo Cirino Pomicino, una villa sullAppia, e una targa mai esistita in salotto con su scritto «qui cadde De Mita».
Questo parallelismo preoccupa Prodi che, da Orvieto, prova a buttare acqua sul fuoco e a venire incontro alle richieste degli alleati. «Nella Finanziaria procederemo a correzioni e ad adattamenti», annuncia. E precisa: «ma non rinunceremo assolutamente a tre obbiettivi: equità, risanamento e sviluppo». Una precisazione più dimmagine che di contenuti, una specie di paravento per modificare il meno possibile una manovra criticata prima dagli alleati, poi dallopposizione. E arrivata a 24 ore da un consiglio dei ministri piuttosto movimentato.
A Palazzo Chigi il tandem Prodi-Padoa Schioppa si trova nuovamente isolato al Consiglio dei ministri di venerdì. A esaltare questisolamento, la scintilla, è la firma di un protocollo con la Regione Friuli-Venezia Giulia. Viene portato al Consiglio dei ministri «fuori sacco», cioè senza il doveroso passaggio nel pre-consiglio. E scoppia la grana.
Il protocollo prevede una serie di interventi infrastrutturali, di spese finanziate con i fondi a disposizione di Di Pietro. Il ministro, però, non ne sa nulla. Così, dice di essere favorevole al progetto, ma a patto che Padoa Schioppa apra i cordoni della borsa. Il ministro dellEconomia gli replica: non si può, devi rispettare il Protocollo con le risorse disponibili. «Se le cose stanno così, il protocollo ve lo firmate da soli», avrebbe detto Di Pietro. E lascia la sala del Consiglio dei ministri e Palazzo Chigi. Riccardo Illy, presidente della Regione, assiste alla scena perplesso. Prodi prova a richiamare il ministro delle Infrastrutture, ma Di Pietro non torna indietro. E alla fine il protocollo vedrà le firme di Prodi, della Lanzillotta e di Illy. Manca quella del ministro competente.
La mossa di Di Pietro ha innescato il successivo sfogo di Prodi in Consiglio dei ministri. Il premier ha dato voce a tutti i fantasmi che vede aleggiare intorno a Palazzo Chigi. Compreso lultimo, in ordine di tempo, del «tavolo dei volenterosi». Liniziativa, lanciata da Paolo Messa e Daniele Capezzone, si muove nel solco di individuare interventi sostenuti dai due schieramenti per migliorare la legge finanziaria. E sta raccogliendo adesioni bipartisan.
Una circostanza che rischia di esaltare lisolamento del tandem Prodi-Padoa Schioppa. Da qui, il nervosismo del premier, costretto a contenere le reazioni in pubblico e a lasciarsi andare agli sfoghi in Consiglio dei ministri. Con lo spettro di De Mita sullo sfondo.
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