Gianandrea Zagato
«Quello di Milano è un “tavolo” senza gambe». Fermo immagine di Roberto Formigoni che non parla di un tavolino traballante o malfermo ma di un “tavolo” che, attenzione, «non ha nulla dal punto di vista delle risorse in più». Come dire: è pari a zero «la possibilità per Milano, per la Lombardia e per il Nord di essere più veloci».
E questo, traduce il presidente della Regione Lombardia, vuol dire che «la costituzione di un “tavolo” senza contenuti rischia di essere solo una presa in giro». Sì, i provvedimenti della Finanziaria di Prodi non aiutano Istituzioni e imprese a vincere la sfida della competitività. Anzi, «per i Comuni e per i cittadini si profila un inasprimento fiscale che diventa tanto più negativo quanto più colpisce chi le tasse le paga già».
Una manovra, continua Formigoni, che prevede «zero euro per le infrastrutture, anche se Prodi afferma poi che la Pedemontana è una priorità». Domandina: «Ma come la finanziamo?». Già, come si finanzia quella che è l’infrastruttura clou della Regione che guarda all’Europa? La risposta di Prodi, chiosa Formigoni, «è solo filosofia»: «Ma dal premier non ci aspettiamo filosofia ma finanziamento che per ora non vediamo, mentre vediamo una tassazione complessiva dei ceti medi e che i tagli agli sprechi, tanto promessi, sono inferiori a quanto ci si poteva aspettare».
Sintesi di Formigoni: «Vedo solo un gran pasticcio». Commento di quella Finanziaria che avrebbe dovuto essere il banco di prova per il “tavolo” Milano voluto dal Governo come punto d’incontro con le Istituzioni locali. Gli impegni sono dunque rimasti belle parole, lettera morta. Spuntano però, annota Barbara Pollastrini, «i fondi per l’Agenzia per l’Innovazione e quelli per la Biblioteca europea». Non è esagerazione, osservano dalla Casa delle libertà, definirli «un contentino».
Milano delusa boccia dunque la Manovra dell’Unione. «Troppo sbilanciata sulle tasse» fa sapere Letizia Moratti che calcolatrice alla mano fa i conti: «Due terzi della manovra sono tasse e colpiscono i cittadini» anche se «l’impegno era quello di non introdurre nuove tasse» ricorda il sindaco. Già, assicurazioni non mantenute in un momento assai delicato, dove «abbiamo grandi aspettative, grandi sogni e grande bisogno di sicurezza».
Obiettivi che il sindaco risegnala al Governo dal palco dell’Arcimboldi, dove si festeggia il centenario della Cgil e dove Letizia Moratti - il cui intervento è stato contrassegnato da cinque-standing ovation-cinque - rimarca come «oggi siamo chiamati a un impegno unitario per rispondere ai bisogni dell’Italia: e certo Milano farà la sua parte». Riaffermazione della volontà di andare verso un futuro migliore nonostante la stangata messa a segno da Prodi ai danni dei milanesi e del Nord.
«Provvedimento iniquo e inatteso» aggiunge Formigoni perché «durante la campagna elettorale il centrosinistra aveva parlato un’altra lingua». Valutazione che il presidente della Lombardia accompagna con la spiega dei tagli a carico di Comuni e Regioni operati da Prodi e dai suoi ministri: «Sei miliardi per le Regioni, quattro per i Comuni e solo tre per lo Stato. Il risultato della manovra è che incide quindi su voci che ricadono sui cittadini poiché si parla di servizi, con tanto di incremento delle tasse che colpiscono la classe media e i ceti del nord, quelli produttivi». E l’evasione fiscale? «Nulla, nulla viene detto nella Finanziaria di Prodi sull’evasione fiscale, nulla per colpire gli evasori fiscali».
Sintesi di un «salasso per tutti, che apre il rischio di uno scontro sociale nel Paese» chiosa Maurizio Lupi, coordinatore cittadino di Forza Italia, mentre Maria Stella Gelmini, coordinatrice lombarda degli azzurri, nota come «questa Finanziaria spinge Prodi alle minacce verso la Cdl». «Minacce» contro la Cdl pronta «a scendere in piazza come suo diritto, ma il premier pensa solo a spaccare l’Italia presentandone una versione anacronistica, considerando ricco chi ha una casa o un auto di proprietà e manifestando odio verso le categorie produttive del Paese».
Una manovra che per Ignazio La Russa, capogruppo di An alla Camera, è figlia di una «politica economica vendicativa, quella del marxismo-leninismo che credevamo superato». E che, invece, il Governo ha applicato ai danni dei milanesi, segando le gambe al “tavolo” Milano.
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