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Prodi vuol togliere 5 miliardi di euro alla Sanità

Padoa-Schioppa e Visco puntano a fondere l’Inail con Inpdap e Inps per incamerare i tre miliardi che l’ente ha in cassa

Fabrizio Ravoni

da Roma

Questa mattina, al Consiglio dei ministri, è assai probabile che Tommaso Padoa-Schioppa assegni i compiti delle vacanze ai colleghi di governo. Ad ognuno chiederà di presentare per la prima settimana di settembre i progetti di risparmio e le misure per lo sviluppo che dovranno trovare spazio nella legge finanziaria. Quella del ministro dell’Economia potrebbe essere un’arma a doppio taglio per la tenuta dei conti pubblici. C’è il rischio che si vedrà presentare da ogni collega di governo una lista della spesa non compensata da adeguate coperture. Paolo Cento, sottosegretario all’Economia, sembra quasi anticipare il comportamento: il rientro del deficit sotto il 3% va fatto in due tempi, dice.
Padoa-Schioppa non è della stessa idea, ed i compiti delle vacanze ha già iniziato a farli. Al ministero dell’Economia è aumentata la produzione di possibili misure che potrebbero trovare spazio nella Finanziaria. Non è detto che tutte riescano a confluire nella legge di bilancio. Di certo troveranno spazio gli interventi per frenare la corsa della spesa sanitaria (deve scendere dal 7,1% al 6,9% del pil: si parla di 4-5 miliardi di euro), quella del pubblico impiego; e, forse, anche quella previdenziale. La commissione europea, infatti, avrebbe chiuso un occhio un deficit 2006 superiore a quello previsto proprio in cambio della presenza di interventi strutturali sulla spesa di questi tre aggregati di finanza pubblica.
E proprio per trovare risposte da dare a Bruxelles, il ministero dell’Economia sta ragionando come «coprire» da un punto di vista finanziario un eventuale ammorbidimento del «gradone» previdenziale. Attualmente quel «gradone» consente un risparmio dello 0,5% entro il 2008. Se dovesse passare l’ipotesi scritta nel programma dell’Unione di abolire, o quantomeno ammorbidire lo scalino, si tratterebbe di recuperare 4-5 miliardi di euro nel 2007. In tal caso, all’Economia si sta pensando di aumentare i contributi previdenziali per commercianti ed artigiani. Ma anche di introdurre un limite di reddito oltre il quale per i lavoratori autonomi in pensione non è più possibile cumulare redditi previdenziali e quelli da lavoro.
Affascina il ministro anche un’ipotesi piuttosto innovativa. Vale a dire fondere insieme (od a gruppi) tre enti pubblici della portata di Inps, Inail ed Inpdap. L’intervento (e non potrebbe essere altrimenti) è ancora in embrione. Non è stato ancora definito se destinate a fondersi saranno tutt’e tre gli enti, oppure solo l’Inps e l’Inail. L’obbiettivo, comunque, è unico: risparmiare posizioni nei consigli d’amministrazione; ma, soprattutto, mettere mano sul «serbatoio finanziario» dell’Inail, che ammonterebbe a circa 3 miliardi di euro.
Più complicato sarà per il ministro introdurre un’altra delle ipotesi di studio elaborata dai tecnici per fornire risposte esaurienti a Bruxelles. Vale a dire il blocco di un rinnovo contrattuale, senza recupero successivo. Le rappresentanze di base del ministero dell’Economia (piuttosto agguerrite) hanno già annunciato di essere pronte alle barricate pur di bloccare una soluzione di questo tipo.
Anche Vincenzo Visco si sta «portando avanti» con i compiti per le vacanze. Ha istituito una commissione di studio per modificare la tassazione sulle rendite finanziarie. L’ipotesi di introdurre una «franchigia» per esentare i piccoli patrimoni dall’aumento delle tasse sui guadagni finanziari (nel programma dell’Unione è previsto l’aumento del 50%) sta perdendo gradualmente peso; ma ancora resiste fra le ipotesi sul tappeto. È difficile da mettere a punto. In più costringerebbe milioni di contribuenti a dichiarare i propri investimenti finanziari (Bot compresi) nella dichiarazione dei redditi.
Non è escluso che oggi Padoa-Schioppa ricordi la necessità di una Finanziaria con misure strutturali (al di là dell’ammontare complessivo). Le agenzie di rating attendono di vederla alla prova parlamentare.

E se l’Italia dovesse perdere la «doppia A» i rischi di un nuovo 1992 sarebbero realmente alle porte.

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