da Roma
Risveglio al mare, ma era quello di una laguna. Francesco Rutelli, romanamente detto «er Cicoria», si è attardato a Venezia dopo aver partecipato a un convegno a porte chiuse. Nelle stesse ore del risveglio lagunare, minuto più minuto meno, Romano Prodi era come una pila elettrica al liceo Galvani di Bologna centro. Alle 10 e 10 è arrivato con scorta e moglie Flavia per un voto che il Professore aveva annunciato «sofferto», tra «no» e «sì» che alluscita dal seggio non sono stati svelati.
Ma non è nel merito, che si gioca la partita tra Prodi e Rutelli. Lo strappo del cattolico «adulto» nei confronti di Santa Romana Chiesa è bastato. Anche perché enfatizzato (di proposito) dallastensione orgogliosa del «bello guaglione» Rutelli. Se, come tutto lascia prevedere, la linea Ruini-Rutelli-Casini-Pera prevarrà invalidando il referendum, il futuro del Professore ciclista sarà come il passo del Pordoi. Nelle ultime settimane la tensione tra i due non si è affatto stemperata. Da ultimo Prodi ha fatto sapere di non aver bisogno di «mediatori» alla Fassino, perché questa è una partita che occorrerà affrontare a viso aperto.
Se il capo della Margherita metterà davvero in discussione la candidatura a premier di Prodi, come anticipa Boselli in unintervista al Quotidiano nazionale, «a decidere saranno i cittadini attraverso le primarie... ma si tratterà di primarie aperte e, in quanto segretario del partito che ha posto il problema, Rutelli dovrà candidarsi contro Prodi». Come obbligare il capo della Margherita a scendere in campo? Ponendogli un aut-aut, mettendolo spalle al muro in un confronto diretto e duro. Accetti la mia leadership? Bene, allora accetti il mio progetto politico. Non accetti il mio progetto? Allora sei un candidato premier alternativo e devi sottoporti al giudizio delle primarie. Questa è lidea che si fa strada nellentourage del Professore, assieme al fatto che se Rutelli «vuole fare un Partito popolare un po più grande - come avverte Boselli - non ci può impedire di fare una lista autonoma».
Ma se le pressioni dei Ds su Rutelli sono aumentate, il capo dielle vi si è sottratto innescando una guerra dei veleni con DAlema a proposito delle scalate finanziarie in atto. E non sarà facile far rientrare sospetti e sgambetti. In più lattesa vittoria dellastensionismo al referendum indebolisce di molto la leadership prodiana. Già ieri se ne è visto un altro piccolo segnale nellinopinata polemica sorta per un incontro tra Prodi e Cirino Pomicino, da poco espulso dallUdeur. Il capo dei senatori mastelliani, Fabris, è arrivato a chiederne conto a Prodi. Lo stesso ha fatto un altro esponente minore della Margherita, Maurizio Fistarol. Punzecchiature al capo che in altri tempi sarebbero state inammissibili e che ieri, invece, hanno finito per meritarsi una nota prodiana per precisare che lincontro «è avvenuto molte settimane fa, su richiesta di Pomicino» e che «Prodi aveva informato Mastella» sia «preventivamente» che «dellesito e del contenuto dellincontro».
Brutto segno, quando si perde il senso della misura. Larea dei centristi post-democristiani dalla vittoria del referendum comincia a vedere in Rutelli il proprio leader e le «fantascemenze» di Tabacci (secondo la definizione rutelliana), di un grande centro popolare, si avverano nei fatti prima che nelle sigle o negli apparati. Lesistenza di un fronte compatto da Rutelli a Casini, passando per Pera ed escludendo Fini, è frutto del referendum ma avrà tempo di maturare, secondo auspici vaticani e di parte dellimprenditoria. Questo chiarisce anche il surplus di nervosismo in casa ds.
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