Gianandrea Zagato
Capita che in un prestigioso liceo milanese cè chi appioppa a Silvio Berlusconi un aggettivo di troppo. E lo fa in classe, davanti a venticinque studenti incluso colui che per la professoressa non merita rispetto come Berlusconi: «Tu sei un ma-fi-oso berlusconiano». Sconcerto tra i banchi della 4A dello scientifico Volta: «Tu sei un ma-fio-so berlusconiano».
Replay della prof. di storia e filosofia, quella che va fiera della sua partecipazione al convegno coordinato dal girotondino Paul Ginsborg sulla storia dellItalia repubblicana. Lavoro didattico di chi «è solitamente misurato nelle parole, nelle espressioni» e, quindi, «se lha detto, be aveva ragione lei» osserva laccusato di mafia. Sì, la parola di quellinsegnante è vangelo per Giacomo. Ma prima di subire supinamente laccusa Giacomo ne ha chiesto ragione e, sorpresa, «mafioso berlusconiano è chi mette in pratica le regole della mafia, anche nella compravendita di voti». Urca, cè qualcosa che ci sfugge nellequazione della docente: «compravendita di voti» nella scuola di via Benedetto Marcello? «È tutto avvenuto quando cè stata lelezione del consiglio distituto» aggiunge Giacomo, che kefiah al collo è il numero uno degli studenti di sinistra del liceo. Già, Giacomo è un ragazzo di sinistra, uno di quelli «un po vivaci» secondo la bidella, che con la prof. va damore e daccordo: escluso per le elezioni del consiglio distituto dove, evidentemente, azzardiamo, ti sei travestito da picciotto con lupara in spalla per raccattare due voti.
«Ue, non scherziamo. Noi ragazzi di sinistra abbiamo presentato una lista, Carta bianca, e poi è accaduto quello che, col senno poi, non avrebbe dovuto avvenire. Cosa? Lassalto alle merendine». Sbigottimento allunisono del cronista e del fotografo. «Sì, cè stato lassalto alle merendine durante lintervallo delle undici». E premesso che Giacomo non è accusabile dessere un estimatore del premier non resta che pregarlo di spiegare il fatto che - tesi di quella professoressa - lo vuole «ma-fi-oso berlusconiano».
«Andiamo con ordine. Dopo aver presentato la lista - che, inciso, rappresento nel consiglio distituto, dove sono stato eletto - io e i miei compagni ci siamo chiesti come raccogliere fondi, qualche euro in più da spendere per la nostra campagna elettorale. Idea: mettere a disposizione brioches e altre merende durante una pausa delle lezioni avendo però in cambio unofferta. Tutto bene se non per un dettaglio: questidea è piaciuta talmente che cè stato lassalto e che le brioches sono state gettate nei corridoi»».
Gesto che la professoressa, chiosa lo studente incriminato, ha equivocato: pensava cioè che fosse un voto di scambio, un croissant uguale un voto, «da lì laccusa di essere un ma-fi-oso berlusconiano». È evidente che Giacomo non sapeva di aver innescato una bomba ad orologeria, che quelle merendine goliardicamente lanciate sulla massa dei suoi compagni erano la prova provata del misfatto, del voto di scambio e, perché no, del mancato rispetto delle regole elettorali.
«Me lha spiegato in aula - continua il ragazzo - quando offeso ne ho chiesto ragione. E lei, paziente, mi ha spiegato che quel comportamento un po fuori dalle righe era mafioso, che la mafia compra i voti in cambio di favori e che questo è lo stile di Berlusconi. Naturalmente, mi sono scusato: lei, la prof, ha ragione: ho avuto un modo da ma-fi-oso berlusconiano. Comunque, non è successo niente di più: io sono stato eletto e della mia professoressa ho il massimo rispetto per le sue idee, che sono anche le mie». Contento lui, contenti tutti. Resta però lamaro per luso spregiudicato delle parole, per lassociazione diffamatoria e gratuita che tanto piace alla professoressa girotondina e che fa venire i brividi ai giornalisti con lelmetto e che sono tra i più letti nel liceo di via Benedetto Marcello.
Situazione purtroppo destinata a restare immutata, almeno fino alla pensione di quella professoressa e dei suoi colleghi, «indisponibili al confronto in classe e sempre proni alla retorica anti-berlusconiana» commenta uno studente in cambio dellanonimato: «Finché quelle annotazioni se le fanno tra loro, tra quelli che la pensano come loro, non cè niente di male.
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