Stefano Zurlo
da Milano
Un pedofilo in classe. Un insegnante, un commesso, un segretario che continuano a girare fra i banchi anche dopo essere stati denunciati, arrestati, perfino condannati per violenza sessuale o altri odiosi reati contro la persona. Come può accadere una vergogna del genere? Domanda inquietante che trova una risposta scoraggiante: questi episodi capitano, capitano troppo spesso, tanto che la Corte dei conti sindigna e se la prende con i ministeri dellIstruzione e della Giustizia. Lenti scandalosamente lenti i processi, lenti, forse ancor più scandalosamente contorti e accidentati i procedimenti disciplinari che viaggiano al traino di quelli penali.
Può succedere, e infatti, succede, che fra il misfatto e un primo intervento tampone, come è la sospensione cautelare, passino mesi, anzi anni. I dati in mano alla magistratura contabile fanno venire i brividi: 749 giorni prima che lorco sia buttato fuori. Come può succedere? Settecentoquarantanove giorni sono, a spanne, due anni: due anni in cui lorco rimane a scuola, avvolto da sospetti e temuto come un nemico ancora sul campo.
Non basta, perché il quadro è ancor più desolante: qualche volta il mostro - perché di questo si parla - viene infine condannato ma, si sa, la condanna di primo grado, salvo casi eccezionali, resta congelata. Chi ha toccato i bambini, o li ha sfruttati, o si è lanciato in turpi attività può sempre sperare in un capovolgimento in appello o in Cassazione. E in attesa della Suprema corte resta ancora una volta al suo posto. Ci possono perfino essere situazioni limite, in cui la pena, ormai definitiva, rimane ancora sospesa per lansimare della burocrazia. La Corte dei conti prende nota: su 47 segnalazioni, arrivate nellultimo quinquennio, si contavano nel febbraio 2006 ben 17 persone ancora in servizio dopo una qualche condanna. Un dato sconfortante.
Numeri che possono mettere in ansia i genitori giustamente preoccupati. Cifre che si spiegano solo sommando i tanti guasti del sistema penale e di quello scolastico. Velocità lumaca da una parte e dallaltra, difetti di comunicazione fra i due apparati e soprattutto da parte delle cancellerie, la difficoltà a travasare nel processo scolastico quel che la magistratura ha accertato e poi, sul versante disciplinare, la frammentazione della materia «attraverso leggi speciali e contratti collettivi di lavoro» che disegnano un labirinto. E in quel labirinto, a volte, si smarriscono lonore e la dignità dellistituzione. Un fatto è certo: nella «gestione dei procedimenti disciplinari da parte delle amministrazioni dello Stato il fanalino di coda nella qualità, nei tempi e negli errori commessi - secondo la Corte dei conti - è proprio la scuola, caratterizzata dalla permanenza in servizio di condannati per reati sessuali e da meccanismi di prevenzione pressoché inesistenti».
Così i codici rischiano di sventolare come grida manzoniane. «Le leggi sono ben fatte - spiega lavvocato Liborio Cataliotti, docente di diritto penale contro la pubblica amministrazione alluniversità di Parma - e anzi le nuove norme in materia sessuale prevedono al fianco delle pene detentive anche linterdizione perpetua dai pubblici uffici e quindi lespulsione a vita dalla scuola di chi ha sbagliato. Ma come spesso accade in Italia il problema è arrivare al traguardo».
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