
Gliel'avessero predetto, quarant'anni fa, che un giorno le sue goliardate sarebbero finite addirittura all'università, divenendo materia di dotto studio e solenne celebrazione, Renzo Arbore (foto) si sarebbe fatto una risata. Eppure ieri, nel Teatro Ateneo della Sapienza di Roma, che già incensò leggende come Eduardo De Filippo o Carmelo Bene, davanti al cattedratico consesso costituito dalla rettrice Antonella Polimeni e dal critico tv Aldo Grasso, affiancato dagli eterni impertinenti Roberto D'Agostino, Nino Frassica, Simona Marchini e Maurizio Ferrini, un radioso Enzo Arbore, più che ridere, si commuoveva. Con Quelli della notte... in cattedra si festeggiavano infatti i quarant'anni del programma che, in modo involontario quanto imprevedibile, nel 1984 segnò un prima e un dopo nella storia della tv. «E oggi io mi sento come Papa Luciani alla sua prima apparizione alla loggia di San Pietro ha esordito il maestro (così lo chiama la Polimeni) Arbore - Tutti s'aspettavano che dicesse chissà che. Mentre lui confessò al mondo intero che mai si sarebbe aspettato di trovarsi lì. Ebbene: nemmeno io avrei mai immaginato di trovarmi qui». «Ed è giusto che si celebri in una università commentava la Polimeni - perché quel programma fu un autentico pezzo di cultura popolare». «Quelli della notte ha lasciato una traccia nella storia della tv perché ha creato tre cose fondamentali ha ribadito Aldo Grasso - Uno spazio televisivo nuovo, la seconda serata, che prima non esisteva. L'informalità, cioè l'assenza totale di copioni a favore della totale improvvisazione. La creazione di un pubblico fedelissimo, che ricorreva al linguaggio stesso del programma».
«Più che un programma Quelli della notte fu un fenomeno ha sintetizzato Arbore - Coinvolsi tutti i miei amici più cari, partii senza nemmeno una scaletta.
L'idea folle fu quella di far accettare al pubblico una cosa completamente improvvisata, sfruttando l'alibi che, andando in onda a tarda ora, si poteva pure cazzeggiare. Perché oggi il fenomeno è celebrato all'università; i professori ne parlano e gli studenti lo studiano. Ma allora, per noi, semplicemente di questo si trattava. Di cazzeggio».
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